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Perfetti sconosciuti. Tecnologia, infedele custode dei nostri segreti

perfetti-sconosciutiEsci dal cinema pensando: «e se capitasse a me?». La funzione bassamente purificatrice di “Perfetti sconosciuti” risalta dal senso di complice colpa che nel pubblico si avverte, di fronte alle scene incalzanti di un classico dramma da camera, modellato nella struttura teatrale sul polanskiano “Carnage” e riformulato nei canoni della vita ai tempi degli smartphone.

Il clamoroso successo di una pellicola italiana appena uscita, ma già prenotata per un remake hollywoodiano (evento accaduto di rado, dai “Soliti ignoti” a “Profumo di donna”), risiede non tanto nell’affiatamento degli attori e nella forza dinamica di una sceneggiatura incalzante, per quanto prevedibile in alcuni snodi quasi necessari, quanto appunto nell’invisibile ammiccamento che la storia, attraverso la polifonica dissimulazione del reale praticata dai personaggi, rivolge agli spettatori.

“De te fabula narratur”, alludono gli attori pur senza guardare in macchina: ognuno dei protagonisti in scena ha qualcosa da nascondere, più o meno dirompente sull’impalcatura della vita di coppia condotta in modo apparentemente lineare, ma il gioco della sincerità produce soltanto irreversibile devastazione.

Di là dal senso immediato di questa commedia più nera di quel che sembri, la riflessione di secondo grado concerne l’allegra schiavitù cui l’umanità evoluta pare ormai essersi consegnata, abbinato ogni vivente a un radiotelefono multifunzionale, che ricetrasmette non solo conversazioni, ma scritti più o meno brevi che lasciano traccia, mittente, sostanza. La parte non emersa, ontologicamente clandestina, delle vite degli altri come delle proprie viene archiviata e classificata, suscettibile di costituire materia di paura, ricatto, generale mercimonio.

Esci dal cinema pensando: «e se capitasse a me?». Ti guardi attorno, non senza smarrimento, alla ricerca di una cabina telefonica, magari a gettone scanalato di ottone, unico potenziale porto sicuro a custodia della perduta riservatezza.

Ma le cabine quasi non ci sono più, stanno sparendo come tutto il resto.

di Elena Orsini

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