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Sol Invictus – Yule – Alban Arthuan

Il solstizio (che quest’anno cade il 22) è da sempre il momento più importante del calendario, oggi come ieri, per ogni cultura che abbia mosso i propri passi su questa Terra.
Ovunque le feste erano legate al passaggio solare durante il solstizio invernale, il quale per tre giorni sembra “fermare” il Sole sul punto più basso dell’orizzonte celeste. Dopo la stasi dei suddetti tre giorni il nostro Astro sembra ricominciare il suo viaggio verso il nord celeste e dunque le giornare si fanno via via impercettibilmente più lunghe.
Per gli antichi era il momento in cui nasceva il dio Sole e ogni popolo aveva la sua versione di questa divinità solare. Gli Dei che si sono ciclicamente alternati a prendere il posto nella culla del solstizio invernale sono innumerevoli e lo stesso Cristo è uno di loro, che infatti nasce nella notte del 24 dicembre, cioè tre giorni dopo l’inizio del solstizio.
A Roma i festeggiamenti (che successivamente vennero fissati al 25 dicembre) erano sfarzosi e dedicati al Sol Invictus, cioè al Sole Invincibile, titolo che ben descriveva l’idea legata al rinnovo solare e alla forza della luce che finalmente sconfiggeva il buio invernale (non a caso la figura di Santa Lucia è così sentita in tutta Europa grazie al suo forte legame con l’arrivo della luce solstiziale). Le feste per il Sol Invictus rientravano nel ciclo dei Saturnalia e segnavano il culmine delle celebrazioni.
I romani si scambiavano i doni sotto lo sguardo della dea Strenia, la quale presidenziava agli scambi; dal nome della dea oggi ci regaliamo… le strenne natalizie.
Tra i Celti e i Germani si festeggiava Yule (o Jol), un momento di grande solennità e di unione delle tribù. I Druidi accendevano dei falò nel centro del vellaggio e ognuno portava un po’ di quel fuoco sacro con un ceppo di legno, quello che chiamiamo “Ciocco natalizio”, anche se oggi è di finissimo cioccolato.
Anche ai giorni nostri i festeggiamenti legati al solstizio – per quanto passati a una diversa religione – conservano tutti gli aspetti tipici precristiani. Quello che chiamiamo “Albero di Natale” è un’eredità dei primi indoeuropei, i quali decoravano un albero preso dalla foresta con frutti, amuleti, simboli di abbondanza e di fertilità. Le palle di Natale sono invece un’eco delle sfere veneziane che anticamente erano interamente specchiate e servivano ad allontanare le negatività a 360 gradi.
La figura di Babbo Natale sembra derivare un po’ da Odino e un po’ da Saturno i quali erano entrambi portatori di doni (anche se doni diversi da quelli che intendiamo oggi, cioè abbondanza, salute, forza, fortuna ecc…). Senza farla tanto lunga sui vari sincretismi, a un certo punto della storia la figura del portatore di doni con la casacca verde di Odino si è prima affiancata a San Nicola – o meglio Sant Nikolaus – (barba bianca e casacca blu), per poi divenire Santa Claus, cioè Babbo Natale, ed essere stravolto dalla Coca Cola che lo vestì con il rosso del proprio marchio aziendale.
In alcune regioni d’Italia e d’Europa è ancora San Niccolò a portare i doni nella notte del 5 dicembre.
Altri aspetti moderni vedono alcune piante che fungono da catalizzatori natalizi. Ad esempio è consuetudine baciarsi sotto il vischio, ma vi siete mai chiesti perché? Tra i Celti il vischio era una pianta sacra le cui bacche contenevano niente meno che lo sperma divino. Ecco dunque che torna la matrice della fertilità.
Poi c’è l’agrifoglio che anticamente rappresentava uno dei due “Re dell’anno”, ovvero i due solstizi. Il Re Agrifoglio vinceva sul Re Quercia in occasione del solstizio estivo e reggeva il trono per tutta la metà dell’anno in cui il sole “scende” verso l’orizzonte. Durante il solstizio invernale, invece, era il Re Quercia a vincere e a regnare per i sei mesi in cui il sole “viaggia” verso nord fino al solstizio estivo.
Infine un classico: oro, incenso e mirra. Tutti sappiamo cosa portarono in dono i Magi, ma – sorpresa – l’oro non era affatto il prezioso metallo. A pensarci bene cosa c’entrava un metallo con due resine? E infatti anche l’oro era una resina (una varietà di benzoino), chiamata “oro” per il suo colore giallo luminoso. Ma la tradizione va ben oltre la nascita di Gesù: sin da tempi remoti era consuetudine portare in dono agli Dèi le resine profumate da bruciare nei templi, affinché il soave aroma giungesse ad essi attraverso i cieli.
Questa mattina alle 5,19 (ora italiana) il Sole ha segnato il Solstizio d’Inverno. Vi auguro un felice passaggio alla nuova stagione in sereno raccoglimento.
di Monica Casalini
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