di Marzia Santella
Tanto tempo fa, in una terra bella ed assolata chiamata Italia esisteva un gioco che veniva praticato da grandi e piccini. Uno sport che univa tutti chi guardava e chi giocava. Le discussioni del giorno dopo la partita, le sfide e le scommesse con gli amici, l’incontro nel bar preferito per vedere la squadra del cuore. Il gioco era leale o perlomeno lo sembrava. I falli si sa fanno parte del gioco ed il fair play a volte risultava utopia però l’entusiasmo non finiva mai. Ora su quella terra assolata si sono addensate le nubi di una bufera. Un vento forte che ha fatto cadere molti come se fossero stati i giocatori del calcio Balilla. A terra i più fortunati in carcere e indagati tutti gli altri. Un calcio Balilla che sembra un miraggio: almeno lì i risultati non si vendono, almeno lì i giocatori fanno solo ciò che gli compete a suon di milioni di euro i grandi, e per cifre comunque ragguardevoli tutti gli altri. Il Presidente del Consiglio Monti ha per la prima volta detto qualcosa che condivido: che si fermi il calcio perché si ravveda e si penta dei suoi peccati. Come il buon pastore con i suoi fedeli. Ma qui, purtroppo non basta un Atto di dolore o un Padre Nostro. La situazione è rovinosamente inarrestabile. Fermare il circo del calcio anche solo per una stagione? Una proposta anacronistica e inattuabile. Cio’ che si dovrebbe fare è un riassetto del sistema visto che il campionato è finito con esiti a questo punto dubbi. Si è visto che se si vuole le leggi vengono promulgate in una notte? Allora che si metta all’ordine del giorno subito dopo la questione terremotati ovviamente. Gli argomenti sul piatto sono tanti e si potrebbero anche prendere due piccioni con una fava, come si suol dire. Mi spiego subito: nella bella cartellina con scritta in inglese Spending Review in mano ai tecnici dei tecnici dovrebbero esserci le trasferte, gli stipendi pagati dallo Stato cioè Noi a Polizia, Carabinieri e quant’altro impegnati ormai tutti i giorni nell’ordine pubblico durante le partite. Una cifra sproporzionata di miliardi di euro spesi senza che nessuno muova un dito. Bene, allora è ora di adottare il cosiddetto modello inglese per cui gli stadi devono essere di proprietà delle squadre e non dei comuni. Le società ridurre la capienza fino al numero di spettatori corrispondente agli stewards in servizio;r ichiedere l’intervento delle Forze di Polizia all’interno dello stadio, però pagando allo Stato il relativo costo. Tutti i paesi europei hanno dovuto fronteggiare costi e problema sicurezza. Sono stati resi obbligatori sistemi di monitoraggio su tutta la superficie della struttura sportiva. Carcere senza sconti per chi danneggia la proprietà e i mezzi che portano i tifosi allo stadio. Il reato relativo a danneggiamenti e atti vandalici esteso oltre il perimetro dello stadio per permettere alle forze dell’ordine di effettuare i fermi necessari, nel caso portare i colpevoli al processo per direttissima. Lo sport deve essere un momento di aggregazione, un momento in cui si apprendono le regole e si vedono applicate con rigore. Una metafora della vita stessa. Questo turbinio di scommesse e di partite vendute danno la sensazione che per il denaro tutti diventano drammaticamente amici. Negli altri paesi una partita di calcio è uno spettacolo e come tale viene gestito e vissuto. Da noi capita invece che chi abita vicino agli stadi preghi perché non ci siano gli ennesimi episodi di violenza, perché non sfocino addirittura in guerriglia urbana come accadde a Catania dove perse la vita un poliziotto. In altre città messe a ferro e fuoco da tifosi a cui il calcio interessa poco se non per sfogare la propria violenza criminale. Per i giocatori e allenatori implicati auspicherei la radiazione dal Calcio e da qualsiasi categoria sportiva annessa al C.O.N.I. a vita. Per i tifosi comportarsi come in Belgio, ad esempio, dove per un progetto pilota: si è realizzata la “Football Fan Card”: per l’acquisto di un biglietto è obbligatorio possedere una apposita “carta” dotata di microchip e contenente tutti i dati utili ai fini dell’identificazione del tifoso. Da noi c’è già “la tessera del tifoso” ma andrebbe rivista. Qualcosa è stato fatto. Andrebbero responsabilizzate le società che tutto vogliono, società che si lamentano perché mancano 2 milioni di euro per comprare il tal giocatore in una situazione questa di crisi violenta, di suicidi e terremoti fa rabbrividire. Andrebbero alleggeriti i comuni e le forze dell’ordine da questo impegno gravoso e soprattuto dispendioso. Inquinare lo sport con scommesse, droghe, intrighi significa inquinare la società stessa: sembra assurdo ma, una nazione si riconosce anche da come gioca. Non so voi ma io sono stanca di vedere questo gioco. Ah, dimenticavo: In bocca al lupo per gli Europei. La favola del calcio deve continuare…