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Batterio killer, epidemia in calo. Cia: psicosi costa 600 milioni in Europa e 150 in Italia

Credits: Xinhua

di Marco Milano

“Riduzione sensibile dei casi segnalati” – così Daniel Bahr, Ministro tedesco della Sanità, si è espresso questa mattina a riguardo dell’evoluzione del caso E.Coli, segnalando un sensibile ridimensionamento dell’epidemia. “Non è ancora possibile levare l’allerta ma abbiamo motivo di credere che vi sia speranza – ha precisato Bahr – Le cifre delle nuove infenzioni continuano ad abbassarsi in modo costante. Questo significa che certamente si potranno avere ancora nuovi casi e, disgraziatamente, nuove morti, però il numero delle nuove infezioni scende in modo sensibile. Questo mostra che il peggio è passato”.

Rimangono, tuttavia, le incertezze circa la vera causa di contaminazione: dopo i cetrioli e i germogli di soia, ad essere sotto accusa è stata la Gaertnerhof Bienenbuettel, azienda di prodotti biologici e di circa 20 tipi di germoglio diversi. L’attenzione, infatti, continua insistentemente a concentrarsi su un probabile sviluppo del batterio durante la cultura dei semi, allargando, inevitabilmente, lo spettro di possibili focolai – l’allerta delle autorità tedesche coinvolge adesso anche rucola, ravanelli e erbe mediche prodotte nello stesso stabilimento incriminato. Tra le informazioni raccolte finora sull’identità  del ceppo O104, di cui il batterio incriminato è una variante, la sua resistenza alle cure antibiotiche inizia a destare curiosità. Per raggiungere questa forma di resistenza e ottenere l’immunità al farmaco, infatti, i ceppi O104 devono, di norma, essere esposti ripetutamente alle cure antibiotiche. Il Robert Koch Institute ha, a tal proposito, decodificato la struttura genetica del ceppo O104, confermando la sua resistenza alle classi e combinazioni della maggior parte di antibiotici conosciuti – tra cui la penicillina, la tetraciclina e l’amoxicillina.

Come riporta TheGuardian, inoltre, il ceppo è caratterizzato da due geni (TEM-1 eCTX-M-15), potenzialmente responsabili  di insufficienza critica degli organi ospitanti e che possono provocare la morte di chi ne è infetto. L’attenzione nei confronti dell’impronta genetica del ceppo risulta, quindi, giustificata dall’ipotesi che il ceppo possa essere stato modificato selettivamente in laboratorio, esponendolo a tutte le classi di antibiotici –selezione impossibile da ottenere naturalmente con la sola persistenza all’interno dei cibi. Non ci sono, al momento, dati che possano confermare o smentire scenari vagamente ‘complottistici’ circa la reale provenienza di un batterio con peculiarità non proprio naturali. – ci si potrebbe interrogare, ad esempio, sul perché sia stata proprio la Spagna, ostile all’introduzione degli OGM, ad essere messa per prima sotto accusa. In attesa di indicazioni più precise, l’allarmismo altalenante  continua a provocare danni per il mercato ortofrutticolo. In Italia, il settore sta subendo un calo di vendite del 20% per frutta e verdura. Matteo Ferrari, presidente della Confederazione Italiani Agricoltori, ha ricordato come gli interventi, finora programmati dall’Ue, si siano rivelati insufficienti: “Per dare risposte adeguate agli agricoltori colpiti occorrono interventi realmente concreti. L’Ue deve tamponare urgentemente una situazione gravissima per l’intero settore ortofrutticolo. Per prima cosa è urgente che l’Unione europea faccia al più presto la massima chiarezza sulla vicenda e che la Germania si assuma in modo preciso le sue responsabilità. Non è possibile che a più di due settimane dal verificarsi delle prime intossicazioni non si conosca ancora con precisione la causa del batterio.

Secondo un’indagine preliminare della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), presentata alla 5^ Conferenza economica in corso a Lecce, l’Italia tra i principali produttori europei di ortofrutta (230 mila ettari coltivati a ortaggi, agrumi e frutta, 610 mila aziende per una produzione lorda vendibile stimata in 12,3 miliardi di euro all’anno, di cui quasi un terzo, 4,2 miliardi, destinata alle esportazioni) rischia  un danno economico che supera i 150 milioni di euro. Inoltre a rischio  sono anche circa 10 mila posti di lavoro nel settore.  Ingenti danni anche per la Spagna, additata come “colpevole” della produzione di certioli contaminati, così che in meno di due settimane ha perso circa 250 milioni di euro. La Francia ne ha persi 60 milioni, Germania e Paesi Bassi circa 50 milioni di euro rispettivamente. Considerando i danni del Belgio (10 milioni) e della Danimarca (2,5 milioni), seppur minori, il bilancio del danno in Europa ammonta a 573 milioni di euro. Secondo le stime della Cia, tra la psicosi indotta dalla “mucca pazza”, aviaria e influenza A  il bilancio in termini le perdite nel settore superano la cifra di 5 miliardi di euro di danni.

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