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Paola Iezzi: mi racconto in un aforisma

di Mario Masi

Paola Iezzi è conosciuta dal grande pubblico per essere “la mora” del duo Paola&Chiara. La musica è stata sempre la sua passione. A quattordici anni inizia a suonare la chitarra, poi il basso, il contrabbasso e il canto. Nel 1997, con la sorella Chiara, vince Sanremo ed inizia una folgorante carriera musicale. Dopo dodici anni Paola Iezzi esordisce nel gennaio 2009 con un progetto solista dal titolo  “Alone”, un Ep raffinato, segno di una grande maturità artista raggiunta, caratterizzato da atmosfere black, soul e R&B, di cui Paola è produttrice e autrice di musica e testi. Con Chiara ha pubblicato ‘Milleluci’i, uscito nel novembre 2010.

Oltre alla musica infatti Paola non ha mai smesso di coltivare la sua passione per la fotografia e le arti visive, concepite come un tutto unico con  la salvaguardia dell’ambiente. Abbiamo proposto a Paola un gioco: le abbiamo proposto di commentare delle frasi celebri sulla natura e sull’ambiente.

Quando l’ultima fiamma sarà spenta, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce catturato, allora capirete che non si può mangiare denaro (proverbio indiano)
Mi fa sorridere. E’ un sorriso amaro. Viviamo spesso scollegati, come se non volessimo in realtà accettare il nostro destino. Costruiamo cose. Alcune anche utili, per carità,ma altre francamente… Riempiamo le nostre vite  di elementi che  complicano a dismisura le nostre esistenze. Per sfuggire all’unico vero destino che tutti ci accomuna. La verità è che non gli possiamo sfuggire. In nessun modo. Ci illudiamo che il denaro possa comprare tutto. Anche l’immortalità. Per questo, se ben ci penso, sorrido. La natura andrebbe serenamente accolta, accettata, condivisa e non combattuta come fosse un mostro. E  dopo tutti questi anni, non solo non abbiamo imparato, ma diventiamo più assetati, più affamati, più feroci. Dei predoni che stupidamente e sconsideratamente saccheggiano la propria casa. Assurdo no?…

Se si concede alla natura nulla di più dello stretto indispensabile, la vita dell’uomo vale meno di quella di una bestia (William Shakespeare)
Un po’ estrema, ma rende l’idea. Tutto ciò che è “sovrappiù” invece di aiutare l’uomo a vivere meglio, lo riduce in uno stato di schiavitù e lo allontana dalla propria natura e dal proprio destino.

Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata (Albert Einstein)
In natura esiste già tutto ciò che davvero ci è necessario per vivere, ma noi abbiamo bisogno dell’illusione di essere superiori ad essa…

L’arte è natura concentrata (Honoré de Balzac)
L’arte è sintesi di ciò che ci circonda. E’ matematica. Sono regole. E’ il tentativo di razionalizzare l’irrazionale. Di portare ordine nel caos. Il tentativo di placare il proprio strazio, i propri tormenti. E’ una visione perfetta. Un modulo. Un’idea. Appartiene all’uomo perché è propria dell’uomo, ma ha una dimensione di “vita propria” quando prende forma. L’arte è l’illusione dell’ordine, la verità che si fa meno atroce. E’ quanto di più umano e insieme divino, esista.

Non credo che l’universo si possa spiegare solo con cause naturali, e sono costretto a imputarlo alla saggezza e all’ingegnosità di un essere intelligente (Isaac Newton)
Non ci è dato di saperlo, almeno per ora. Forse un giorno saremo in grado di decifrare i codici dell’universo. Non sono mai riuscita a pensare a un demiurgo. Mi riesce difficile. Ma non lo escludo del tutto. Cosa ne sappiamo infondo veramente? Quindi resto sospesa. E seppure mi riesca difficile pensare ad un essere intelligente che “ci ha fatto”, ma al tempo stesso mi appaia singolare che la natura abbia  fatto tutto da sola, aspetto e mi barcameno tra i due pensieri che pesano quasi allo stesso modo.

L’esser contenti è una ricchezza naturale, il lusso è una povertà artificiale (Socrate)
Il lusso è il superfluo. E’ triste, demoniaco, ingiusto, volgare. Ma soprattutto portatore di infelicità e grandi sfortune. Chi (dentro di sé, nel profondo) non si sentirebbe triste e angosciato, sapendo che sta sottraendo risorse ad altri esseri umani, per concedersi di vivere circondato da cose superflue? Ecco perché le persone smisuratamente ricche sono smisuratamente tristi. Sanno di essere complici di una enorme ingiustizia umana e questo li fa soffrire, ma l’ossessione per il denaro impedisce loro di rinunciare a quel tipo di vita, pur sapendo che è contro natura, e così condannano se stessi all’infelicità propria e all’indigenza altrui. La gioia, la contentezza, sono stati di grazia e appartengono alla semplicità delle cose. All’essenzialità. Alla conquista., alla dimensione del “desiderare”. Il sovrappiù è solo causa di  complicazioni. La ricchezza e il lusso sono concetti ben diversi. La prima infatti è il combustibile della natura e della vita. Nasce con la vita stessa e dovrebbe appartenere a tutta l’umanità. Il lusso è uno sciocco concetto. Una triste sovrastruttura inventata dagli uomini per colmare il proprio stato di precarietà e la propria sete di potere e di dominio sull’altro. E’ quanto di più stupido e infantile possa esistere.

E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri, e non pensano a sé stessi (Sant’Agostino)
Il primo universo da scoprire è se stesso. Socrate diceva “conosci te stesso”. Ma gli uomini (parliamo soprattutto di cultura occidentale) sono più e prima, proiettati verso l’esterno. Forse perché sono convinti che contemplando l’universo e tentando di conoscerlo quanto più possibile, riescano a trovare il senso reale dell’esistenza. A scoprire il grande  segreto di essa. Sempre che ce ne sia uno. L’uomo da sempre tenta di dominare la natura. Di esserne padrone, mentre solo raramente si fonde con essa, torna ad essa. E così costruisce, ingrandisce, spezza, inquina. Ma quando la natura si fa sentire e si mostra all’uomo nella sua potenza, nella sua maestosità, l’uomo torna ad essere solo il figlio di questa. E allora mi pare di vederlo, piccolo piccolo che vaga, che cerca, che si immerge nell’acqua, che scala le montagne che alza lo sguardo al cielo per contare le stelle. Quello è il vero uomo. Quello che torna a sé.

Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso (José Ortega y Gasset)
E’ necessario rieducarsi all’amore per se stessi, credo, per amare anche ciò che ti circonda. Spesso siamo preda di meccanismi autodistruttivi senza neppure rendercene conto. Bisogna sfuggire a questi cercando di diventare esseri consapevoli. Guardarsi da fuori. Interrogarsi spesso con domande intelligenti, giuste. La prima espressione della natura siamo noi, con il nostro corpo, la nostra mente e (per chi ci crede) la nostra anima. Se una persona fa del male a se stessa, non riuscirà a tenere in gran conto l’ambiente che la circonda (siano esse persone o cose o animali). L’ambiente è conseguenza di ciò che siamo. E la misura in cui io tratto l’ambiente è  la misura esatta, il metro preciso  in cui io, nel profondo,  tratto la mia esistenza e me stesso. La chiave è, credo, riscoprire l’autentico amore per sé. Ri-educandosi . L’unica via possibile oggi, per capire davvero.

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