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L'Aquila, ancora…

di Roberta Leomporra
Gli oltre 30° non  hanno impedito ai cittadini aquilani di tornare a far sentire la propria voce lungo uno dei percorsi principali della città: semmai ne hanno surriscaldato ulteriormente gli animi.
Sotto gli occhi elettronici di videocamere delle stesse reti nazionali che negli ultimi mesi hanno lasciato precipitare la “questione Aquilana” in un  presunto oblio, un corteo di sostenitori della attuazione di un concreto piano per la ricostruzione, alle 15  del giorno 7 luglio 2011 (ad un anno esatto dalle manganellate souvenir recato in territorio abruzzese da Roma), ha completamente ostruito viale Corrado IV per dirigersi verso Palazzo Silone, sede del Consiglio Regionale d’Abruzzo.
Quali vi sembra essere la parola chiave delle righe soprascritte? Mi permetto di suggerirvela: Presunto
Perché l’atteggiamento di palliativa semiconsiderazione, fatta di riferimenti in discorsi programmatici da parte dei politici che si (auto)elevano ad elargitori di gratuiti (sapeste quanto tale aggettivo sia in ossimoro con l’attuale condizione della città!), il reciproco gommoso gioco al rimbalzo di responsabilità attuato dagli amministratori degli enti locali, la diffusione di immagini consolatorie da parte dei mass media, quali M.A.P. contornati da gerani piuttosto che elaborazioni fotografiche comparatistiche del “tale monumento” dall’immediato post-sisma ad oggi, non sono bastate né, mi pare ridicolo ostinarsi a crederlo, saranno sufficienti ad appannare la percezione e la conseguente facoltà di giudizio che gli abitanti di L’Aquila hanno maturato: la necessità ogni giorno più impellente di una ricostruzione concreta, dell’investimento di quei fondi che “oggi ci sono, è certo, confermato”, “domani non son sufficienti, sicuramente, è giurato”.
La presa in carico non delle diverse necessità perché è ovvio che in questo territorio l’esigenza sia più che altrove comune: riabilitare tutti gli elementi che determinano la sopravvivenza di un tessuto sociale, dunque lavoro, abitazioni, affitti che si discostino dallo strozzinaggio o dal ricatto morale nei confronti di studenti che vogliono o devono restare in città, recupero di un centro storico che non è, come si vuol fare credere (soltanto) un vezzo artistico dell’aquilano colto, bensì il cuore pulsante dell’identità culturale di una città, di una regione, di luoghi che vantano una densità storica eccezionale.
Non faccio altro da mesi che investire (non spendere!) parole riguardo la questione aquilana, come spesso è stata definita da chi presume di potervisi rapportare quasi fosse un “affare” privato, economico, da gestire, insomma.
Le COSE si gestiscono, non le persone.
Una città E’ le persone che hanno collaborato a renderla al risultante finale che noi tutti amavamo godere.
Perché nutro la convinzione che L’Aquila lo meriti.
Da una veduta dall’alto del capoluogo abruzzese oggi risulterebbe una notevole presenza di gru ed altri svariati mezzi impiegati in edilizia dei quali, nei lunghi mesi trascorsi ad interrogarmi riguardo tale mostruoso ritardo, ho forse anche imparato i nomi, allora perché “questi aquilani lamentano inefficienza”?
Inviterei chiunque abbia tempo e voglia di farlo, a recarsi in città per constatare se la risposta che mi permetto di addurre sia fondata. NON si Ricostruisce privando la popolazione aquilana dei luoghi che rappresentano un punto cardine nella loro identità culturale, che ne sono lo specchio fedele ed hanno attestato agli anni la profondità delle radici del popolo aquilano nel proprio territorio, che rendono L’Aquila tale.
SI Costruisce ricucendo come possibile edifici che ho visto con gli stessi occhi con i quali scelgo oggi le lettere che vedete scorrere sotto i vostri, resi pericolanti dal sisma, costruiti, prima che il terremoto giungesse a provare mappe di pericolosità sismica già note agli addetti ai lavori, in zone nelle quali non era dunque possibile realizzarli. Non presentando il giusto conto ad imprenditori il cui nome tutt’oggi campeggia in calce a progetti di ristrutturazione di condomini nella non edificabile gran parte di Pettino, quartiere nella periferia della città (questa collocazione geografica desterà gli animi di coloro i quali diano per assunto ormai che le zone circostanti il centro commerciale siano il centro di L’Aquila. Naturalmente mi riservo il diritto di dissentire). Si costruiscono palazzi che violano in maniera evidente norme di sicurezza ridestando l’attenzione sulle quali ci si augurava potesse essere sufficiente il prezzo in vite corrisposto.
309 persone.
Perché un comune cittadino che non sceglie dunque, arbitrariamente, di elevarsi al pubblico giudizio entrando in politica nota tutto ciò, mentre coloro i quali hanno la presunzione di possedere maggiore competenza nella gestione della cosiddetta “cosa pubblica” (la recente ostinazione ad appellare ogni questione con un sostantivo caro ad un mondo più che opinabile mi fa riflettere…) al punto da proporsi quali rappresentanti della volontà del popolo, si dimostrano ciechi dinnanzi al tentativo di usufruire di una autentica tragedia nazionale quale fonte di guadagno, speculazione, sfruttamento dell’indefesso sentimento di appartenenza degli aquilani a L’Aquila?
La fortuna nonché la salvezza della città di L’Aquila risiede proprio nell’ammirevole tempra dei suoi abitanti.
Che tornano a ripetere, chissà con quanta pazienza ancora, di non prestarsi ad oggetto di giochi di potere, a pagare mutui di case che si sono in 32 secondi trasformate in polvere e tombe, errori amministrativi di chi in campagna elettorale aveva garantito un’abilità poi smentita nei fatti.
 

2 COMMENTI

  1. Complimenti, quello che dici è proprio VERO, i politici sono solo capaci di riempirsi la bocca di buone parole e a prendere soldi a palate ciao Gino

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