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Parlare con i piedi

di Mario Masi
Avete mai avuto l’impressione di non sapere come farvi capire? Se pensate che una buona comunicazione si fondi unicamente sull’abilità di saper scegliere le parole più adatte significa che non sempre riuscite a suscitare l’interesse di vi ascolta.
Una comunicazione efficace si basa infatti su un corretto mix di verbale, paraverbale, e non verbale. Pochi immaginano che la parte verbale rappresenta solo  il 7 % della comunicazione e viene recepito solo dalle persone cosiddette ‘auditive’, mentre gli altri apprezzeranno molto meno il vostro discorso. Il 38% della comunicazione dipende dal tono, dal timbro, dal volume, dall’inflessione della voce, che devono cambiare in funzione dei concetti esposti. Chi usa questa accortezza farà sicuramente colpo sulle persone ‘cinestesiche’.
Per esempio è possibile, attraverso l’uso di un tono discendente, inviare un comando. Se si utilizza invece un tono ascendente l’interlocutore percepirà che gli stiamo ponendo una domanda.
La PNL (programmazione neuro linguistica) descrive con cura questi meccanismi.
“La qualità della nostra vita è direttamente proporzionale alla qualità delle nostre relazioni – spiega Alessandro Ferrari, consulente di marketing & commerciale per grandi imprese – La qualità delle nostre relazioni è direttamente proporzionale alla qualità delle nostre comunicazioni. Il 91% della comunicazione paraverbale e non verbale è esercitato a livello inconscio. Ecco quindi che la PNL ci aiuta a migliorare la qualità delle nostre relazioni insegnandoci a comunicare meglio con noi stessi (dialogo interno) e con gli altri. Questa è la stretta correlazione tra PNL e linguaggio del corpo”.
La comunicazione efficace necessita anche di un rapporto empatico. Come scriveva Aristotele, la retorica è logos ma anche pathos e ethos.
Come facciamo a capire se il nostro interlocutore è interessato:  “In PNL – afferma Claudio Belotti, Coach e Trainer, allievo di Richard Bandler – diciamo che e più importante quello che arriva piuttosto che quello che abbiamo detto. Ecco perché è importante “calibrare”, cioè prestare attenzione a tutte le variazioni del nostro interlocutore: il respiro, lo sguardo, la postura, le espressioni del viso … Gli animali e i bambini sono eccezionali in questo, noi adulti usiamo troppo l’emisfero sinistro, quello logico e abbiamo perso l’abitudine a prestare attenzione ai messaggi nascosti.”
E si parla anche con i piedi! La parte del nostro corpo che va dalla cintola in giù è quella che controlliamo meno e quindi osservare i piedi di chi ci sta parlando equivale a carpirne le intenzioni.
Un piede che si muove troppo lascia intuire uno stato di agitazione. Lo stesso vale se il corpo oscilla poggiando il peso ora su piede ora su un altro. Se un piede è orientato verso di noi e un altro è obliquo, magari punta verso l’uscita. significa che si sta cercando una via di fuga. Accavallare le gambe lascia trapelare la volontà di andar via, di disinteresse. Se mentre stiamo seduti tiriamo indietro i piedi o incrociamo le gambe manifestiamo il nostro rifiuto. Se invece l’interlocutore  resta con il piede sollevato durante l’ascolto possiamo continuare perché è sicuramente interessato.
Quali sono gli errori comuni da evitare in una normale comunicazione? “Mantenere sempre un atteggiamento corporeo e facciale rilassato – rivela Alessandro Ferrari – Evitare di parlare con una modulazione vocale “monotonica”. Evitare di utilizzare “intercalazioni” ripetute in modo assiduo (ehm, cioè, quindi….ecc.). Evitare di fissare in modo innaturale il nostro interlocutore o, viceversa, non mantenere il contatto oculare. A tavola evitare di tamburellare le dita sul tavolo o giocare con posate e bicchieri. Questi sono solo alcuni degli errori più frequenti da evitare.”
“Altro grande errore  – aggiunge Claudio Belotti – è non ascoltare, spesso invece di sentire cose ci viene detto prepariamo la risposta. Un vecchio detto dice che abbiamo due orecchie e una bocca per una buona ragione. Il secondo è pensare di sapere cosa pensa o cosa dirà il nostro interlocutore. I presupposti, cioè le cose che pensiamo prima di ascoltare, limitano proprio la nostra capacità fare arrivare la comunicazione.”
In sintesi: è impossibile non comunicare. L’uomo comunica anche quando è silenzioso, anche quando pensa di non farlo, perché ogni comportamento, ogni gesto, ogni sguardo invia un messaggio agli altri, che lo si voglia o no.
D’altra parte è necessario mantenere sempre un atteggiamento di ascolto attivo, incoraggiando l’interlocutore e restituire all’altro ciò che arriva del suo messaggio, rinunciando a giudizi, critiche, o a frettolose semplificazioni.
Ogni persona poi, nello scambio comunicativo, filtra attraverso la sua soggettività, carattere e cultura i messaggi, quindi ancora di più la scelta delle parole, della modalità vocale e gestuale e del momento giusto per avviare una comunicazione efficace sono fondamentali.

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