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Le insidie del cibo: lo scandalo della melma rosa

di Mariano Colla
Il cibo, necessità primaria, sollecita quotidianamente il nostro desiderio, non tanto e non solo per soddisfare gli stimoli sensoriali, quanto per appagare l’invadente seduzione di programmi televisivi, libri e riviste che hanno fatto della cucina e dei suoi articolati progetti culinari il luogo di fantasie e di tradizioni trasposte.
Abbagliati da tanto fulgore culinario e da tecniche sopraffine, non prestiamo sufficiente attenzione ai fenomeni di degrado alimentare che l’industria del cibo di massa propina, a noi, ignari e distratti consumatori, la cui fretta di alimentarci, tra una attività e l’altra, va a scapito di una adeguata valutazione della qualità degli alimenti.
Pertanto è quanto mai necessario e doveroso dare adeguato risalto a ogni forma di speculazione alimentare, i cui effetti possono nuocere alla comunità dei consumatori.
In tal senso, anche se l’evento è in parte già noto, mi preme segnalare, per il beneficio di chi non lo sapesse, quanto avvenuto negli Stati Uniti poco tempo fa.
Mi riferisco allo scandalo alimentare determinato dal così detto “pink slime”, sostanza nota da noi  come “melma rosa”, che sta fortemente minando il consumo dsi carne negli USA.
L’eco dello scandalo sta avendo effetti globali, anche se l’informativa a riguardo mi sembra sostanzialmente carente.
Alcune riviste ne hanno parlato e anche su internet il tema è stato trattato, ma l’impressione è che l’argomento non abbia avuto la diffusione che meritava quando, se non altro per motivi di salute pubblica, sarebbe stata opportuna una campagna informativa da parte di tutti i media, nell’interesse dei consumatori.
Il problema non è infatti confinato agli USA, anche se lo scandalo sembra proprio iniziato oltre oceano.
Gli Stati uniti  sono tra i principali consumatori mondiali di carne bovina, in tutte le sue forme, dalle più nobili, ossia dalle succulente bistecche, alle meno costose ma più diffuse che prevedono l’impiego della carne macinata in hamburger, wurstel, kebab, cotolette, salsicce, ripieni di tortellini e di ravioli, chicken nuggets, salami, etc,
Ebbene, ai primi di Marzo l’emittente televisiva ABC News ha raccontato agli ignari consumatori americani che i tanto amati cibi a basso costo contenevano una poltiglia rosa usata come additivo per aumentare il volume della carne macinata impiegata nei suddetti fast food, additivo di fatto realizzato con gli scarti della carne proveniente da altri processi produttivi.
Lo scandalo ha assunto da subito dimensioni nazionali.
Secondo l’emittente televisiva, infatti, circa il 70% della carne macinata, commercializzata in USA contiene la melma rosa senza che i consumatori lo sappiano.
La normativa americana in materia consente, infatti, di scrivere sulle confezioni “100% carne bovina” anche quando nei  prodotti è presente il 15% del pink slime.
Il pink slime, come sostiene una indagine sul prodotto, incorpora, nel suo accattivante aspetto roseo, “cartilagini, tendini e altri tessuti connettivi, triturati molto finemente, separati dal grasso in presse ad alta pressione, fino a 200 atmosfere, irrorati poi con ammoniaca per evitare il problema dei batteri. Il composto finale è poi condito con degli aromi artificiali e, infine, congelato”.
Altre fonti sostengono che il pink slime, composto prodotto principalmente dall’azienda Beef Product Inc.(Bpi), entra in un’ampia rete di distribuzione costituita dai maggiori produttori di carne, che lo usano come additivo per aumentare il peso e il volume dei prodotti destinati a ricoprire gli scaffali dei supermercati e fast food, come McDonald’s, Burger King,Taco Bell etc.
Non è una novità che molti alimenti venduti sul mercato americano contengano additivi di vario genere e di discutibile qualità, i cui effetti si riflettono in evidenti obesità per molti consumatori.
In tal senso vale la pena ricordare anche i dolcificanti quali l’aspartame e il sucralosio, prodotti  artificiali usati nelle bevande dietetiche e attualmente sotto inchiesta per possibili effetti cancerogeni
Che cosa fanno le istituzioni statunitensi per controllare la pericolosa deriva qualitativa che il pink slime, e non solo, sembra delineare nel panorama alimentare americano?
Non molto, pare. Infatti il ministero dell’Agricoltura statunitense considera il pink slime, qualora disinfettato con ammoniaca, commestibile, nonostante che certi scarti dei bovini, contaminati dalla loro vicinanza con le feci, possano far parte della suddetta melma rosa.
Sempre secondo un rapporto dell’United Stated Department of Agriculture, citato da fonti giornalistiche, l’ammoniaca con cui viene trattato il pink slime è solo l’ultimo “ingrediente” di una lunga lista di prodotti chimici non etichettati, utilizzati nella lavorazione di quasi tutte le carni rosse e bianche industriali. Ne sono un esempio gli elementi elencati nel rapporto, tra cui appaiono, solo per citarne alcuni, lipoclorito di calcio, usato nella pulizia delle piscine, l’acido ipobromoso, dotato di proprietà germicide, e il cloro.
Evidentemente le lobby alimentari hanno saputo come intervenire sulla politica al fine di tutelare i propri interessi.
Particolare preoccupazione ha destato la diffusione del pink slime nelle mense scolastiche, dove si fa un ampio uso della carne macinata. I genitori sono giustamente allarmati.
Per il momento la politica non ha ancora formalmente mosso i suoi passi anche se alcuni parlamentari democratici hanno chiesto ai produttori di fornire la carne bovina senza il pink slime come additivo
Sembra che gli americani, sollecitati dalle emittenti televisive, non siano più disposti a subire, con la conseguenza che la domanda di carne bovina è scesa drasticamente e molti produttori hanno subito una radicale flessione nelle vendite.
Alcune fonti dicono che la Bpi ha sospeso la produzione in tre dei suoi stabilimenti negli Stati Uniti.
Questo è quanto sta succedendo negli Stati Uniti. E qui da noi?
Una rivista segnala che anche in Italia, sotto l’acronimo inglese MSM (Mechanically separated meat), riportato nelle etichette di molti prodotti commercializzati nel nostro paese, si cela la melma rosa.
Anche se la Commissione Europea sta lavorando per predisporre adeguati controlli sui sistemi utilizzati per disinfettare la carne, al fine di eliminare l’impiego di sostanze chimiche, rimangono, tuttavia, non poche perplessità sulla  qualità del cibo che mangiamo.
Con la diffusione dei supermercati e la spersonalizzazione del fornitore, il consumatore deve essere istruito a una maggiore attenzione e a un controllo più accurato di etichette, composizioni del prodotto, provenienze, facendo valere la propria voce in adeguate associazioni ogniqualvolta si fa spazio sul mercato la speculazione alimentare.
Chissà che, in alternativa ai cibi di plastica o nella plastica, il ritorno alla terra e all’aia non sia una soluzione per le future generazioni.

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