di Erika Sambuco
Non è mai troppo tardi per ricominciare da capo. Anche a settant’anni. È questo, in pillole, il messaggio di Marigol Hotel, ultima fatica del regista inglese John Madden.
Il film, tratto dal bestseller di Deborah Moggach, esce oggi nelle sale cinematografiche italiane.
Tutto è incentrato sulla storia di sette pensionati inglesi che, contro tutto e contro tutti, decidono di andare a morire in India attratti dalle ammalianti sirene di una sorta di residence per persone avanti con gli anni: il Best Exotic Marigold Hotel. Ma nonostante le loro aspettative andranno deluse, l’India con i suoi colori darà a tutti loro una seconda chance e la voglia di vivere fino alla fine. Ad arrivare nell’assolata Jaipur saranno: Evelyn (Judi Dench), una solida vedova che scopre di avere i soldi per vivere solo in India; Graham (Tom Wilkinson), raffinato e colto giudice dell’Alta Corte che ha un segreto nel passato da affrontare; Douglas e Jean (Bill Nighy e Penelope Wilton), coppia litigiosa; Norman (Ronald Pickup) e Madge (Celia Imrie) in eterna ricerca d’amore, e Muriel (Maggie Smith), animosamente razzista, che ha, tra i suoi problemi, un intervento all’anca. Ad animare questo gruppo di neo-pensionati che si deve adattare al ritmo di un paese pieno di caos e sorrisi il giovane ed ingenuo Sonny Kapoor (Dev Patel), proprietario dell’hotel ereditato da suo padre, ma incapace di gestirlo come un vero manager. “La sceneggiatura è ricca e divertente, e non è solo una commedia” dichiara Madden. “Parla anche del lutto, della solitudine e dell’isolamento, e si domanda cos’é realmente possibile quando si invecchia. Si può ancora ricominciare da capo? E’ troppo tardi per cambiare?”. E ancora, sulla scelta del cast: “Dal momento che hanno tutti una certa età, ho avuto la fortuna di reclutare attori che fossero al meglio delle loro capacità. Sono stati una straordinaria risorsa ed hanno reso la storia più avvincente. Hanno un talento comico ed una profondità incredibili, e sono straordinariamente bravi. L’unica cosa che abbiamo dovuto fare é stata unirli con un gruppo di attori indiani ugualmente qualificati e guardarli mentre si scontravano con questo magnifico paese”.
In questa storia “le definizioni di età e maturità svaniscono del tutto – conclude Madden – perché i personaggi ringiovaniscono grazie alle situazioni in cui si trovano. Sfidati e sopraffatti dall’esperienza dell’India moderna, presi da diversi rapporti emotivi (amicizie, relazioni, rivalità) o da faccende lasciate in sospeso che sfociano in situazioni comiche, scoprono che in ultima analisi quello che conta è ciò che succede lì, in quel momento, tra di loro”. Nonostante i numerosi spunti di riflessione, il tocco di speranza finale ed il ritmo scorrevole ed avvincente che caratterizza la fase iniziale del lungometraggio, il film diventa caotico e lento nelle sequenze centrali, rischiando di confondere lo spettatore. Forse ad essere eccessivo è proprio il numero di storie che Madden cerca di inserire nell’intreccio, dando spazio prima ad uno, poi ad un altro personaggio, senza riuscire purtroppo a creare un’armonia fra le parti. Le figure che si muovono nella storia, presentate tutte come protagoniste all’inizio del film, non si amalgamano e spesso capita di chiedersi che fine abbia fatto questo o l’altro personaggio che da svariati minuti non compare sullo schermo.
In altre parole, gli eventi non tengono il passo con l’incisività dei personaggi, il che limita un film che avrebbe potuto e dovuto puntare su un ben più ampio respiro. Quel che resta sono battute mordaci, qualche episodio degno di nota e alcuni scorci dall’innegabile fascino. Se sia poco o molto, a voi decidere. Ma se solo si fosse puntato di più su una certa vena melanconica anziché diluirla con un tono ben diverso, ma non del tutto opposto, ora potremmo dirci un pelo più soddisfatti. Resta comunque il cast, che renderebbe vivace ed intensa anche la lettura di un bugiardino e che da solo vale indiscutibilmente il prezzo del biglietto e poi… “Tutto si sistema alla fine e se non si è sistemato, vuol dire che non è la fine”.