testo di Erika Sambuco – foto di Federico Aniballi e Alessio Molinas
Dopo le date sold-out di Ottobre e Novembre, la band salentina ritorna nei palazzetti a primavera col Casa 69 Tour. Il tour è partito il 30 Aprile a Genova e ieri, 2 Maggio, il grande ritorno nella Capitale che già li ha ospitati diverse volte. “È la sesta volta che torniamo a Roma dove c’è stato anche il concerto ai Fori con 350 mila persone” racconta lo spericolato vocalist e frontman della band salentina, attivissimo su tanti fronti (da Celentano, a Mina, ai Planet funk, a un libro prossimo all’uscita per Einaudi). L’evento, organizzato da LiveNation, era già “caldo” ancor prima che i Negramaro facessero il loro ingresso quando, finalmente, è un astronauta a fare i primi passi sul palco, un po’ come Neil Armstrong fece sulla Luna quarant’anni fa. Un grande telo bianco con stampata la cover dell’ultimo album della band, Casa 69, crolla a terra e mentre il gruppo comincia a suonare vengono svelati i mega schermi posizionati sul palco: una struttura divisa in tre blocchi, due laterali e una sospesa al centro a fare da schermo alla band che canta la prima canzone come fosse “ingabbiata” tra i led. Sold out anche stavolta! I fan sono seduti ovunque che impazziscono già al primo brano, Singhiozzo; è sul secondo, Se un giorno mai, che la struttura si apre e libera la band: gli schermi che rappresentano le immagini di una Luna rossa si innalzano e Giuliano saluta prima di apparire alla folla e incitarla nel battere le mani e senza troppe manfrine, ma con una carica e un impatto visivo davvero potente, il suo pubblico risponde cantando.
Attacca Mentre tutto scorre che fa esplodere la folla in un coro unico che copre quasi la voce di Giuliano. Il Nostro prende la chitarra e solo in un angolo del palco si esibisce in un assolo, attimi durante i quali il pubblico sembrerebbe perdere un po’ l’attenzione, salvo poi applaudire il suo beniamino che intona Quel matto sono io. Dopo l’omaggio a Domenico Modugno (che Giuliano chiama amichevolmente Mimì) con Meraviglioso, parte Manchi, egregiamente introdotta dal batterista e da Sangiorgi che incita il pubblico a “muovere il culo”.
Londra brucia è uno dei momenti più alti del concerto. La canzone, quella che si fa più attendere forse per via di un lungo e suggestivo intro, impegna Giuliano in un’esibizione che mette in risalto le sue le doti canore. “C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovata la casa svaligiata.
E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo. Il commercio in quel paese si praticava solo sotto forma d’imbroglio e da parte di chi vendeva e da parte di chi comprava. Il governo era un’associazione a delinquere ai danni dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi, e non c’erano né ricchi né poveri…” Queste sono le parole che porta sul palco l’attore Neri Marcoré che ci recita Il Paese dei Ladri di Italo Calvino.
Italia togliamo le mani davanti agli occhi… VIA LE MANI DAGLI OCCHI! E il pubblico trema per un attimo per via della potenza dei suoni della canzone appena annunciata, una delle hit di maggior successo della band e uno dei pezzi più adatti ad essere eseguiti dal vivo, con luci, pubblico, mani, cori e pause musicali realizzate ad hoc.
Si riprende con gli omaggi, questa volta dedicati a Mario Monicelli (“Ciao Mario, grazie Mario”), Michele Santoro e Rai per una notte, sui quali parte Casa 69. Nonostante non ci sia stata un’interruzione del live, sembra partire una seconda parte del concerto: mentre la prima era incentrata più sui brani tratti dall’ultimo album, la seconda è dedicata alle canzoni più datate che splendono di luce propria per via di immediatezza e credibilità ma che vengono messe un po’ in discussione da un’esecuzione a volte un po’ poco fedele all’originale.
Solo tre minuti, Un passo indietro e L’immenso sono accolte con grande partecipazione e affetto. A questo punto Giuliano incita al silenzio, il più bel “coro” che esista dice e parte Nuvole e lenzuola. Poi Giuliano, in versione Aladino, prende il volo su uno dei mega schermi che magicamente si gira diventando una piattaforma-tappeto volante che porta Sangiorgi in alto a tutti per Apollo 11: “Ciao a tutti” urla quando da lassù canta le ultime parole della canzone “Irraggiungibile, irraggiungibile”.
Uno zapping generale poi durante il quale vengono proiettate scene prese dalla televisione italiana. Scorrono così le immagini di Mario Monti, Bud Spencer, Roberto Farnesi, qualche spot, una partita di calcio: “Vi piace la televisione italiana?” Domanda Sangiorgi tra i fischi del pubblico (ovviamente indirizzati alle immagini), e terminato di cantare Io non lascio traccia, aggiunge: “Non dovete avere paura di dire che la televisione italiana è una merda. Forza, muovete il culo!!” e… Io voglio molto di più.
Il concerto si chiude con “Polvere” e “Basta così” ma, colpo di scena, sui titoli di coda arrivano “Luna” e “Parlami d’amore”, non proprio due pezzi minori. Un live di grande emozione!
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