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Chiara Delli Zotti: la mia donna è unica

di Alessia Gregoletto
L’interminabile radicale rivoluzione culturale ed economica travolge metà pianeta e raccoglie nella sua corrente impetuosa il mondo della moda, dissolvendo l’essenza italiana che dal dopo guerra l’aveva  resa impareggiabile protagonista e faro dell’estetica e della qualità manifatturiera. E’ giunto il momento per le donne italiane abituate a trovare la “buona moda” nelle care ed ormai estinte boutique che animavano i sogni delle classi medie, di togliere dagli armadi gli abiti e accessori conservati in un angolo, riportarli a nuova vita e godere del piacere di indossare qualcosa di interamente bello e unico. Quale il destino riservato a chi nella vera moda italiana volge la sua passione?chiaradellizotti
Chiara Delli Zotti, trent’anni, originaria della provincia di Frosinone, è un’esperta di fashion con idee molto chiare:  Voglio costruire un unico mondo per ogni tipo di donna, fare vestiti su misura. La mia è un’idea controcorrente e per fare questo mi avvalgo dell’appoggio di un’azienda.
Mi colpisce la sua determinazione, le chiedo cosa l’ha ispirata:
Vestire la donna con un capo cucito addosso a lei, con colori e tessuti scelti da lei, significa creare una donna unica per se stessa e per gli altri, una donna che esprime la propria personalità.
Mia nonna fu fautrice di questa mia passione, lei era sarta e avevamo qualcosa di speciale nel nostro rapporto.
Le chiedo  con curiosità   quale sia il meccanismo nascosto dietro le quinte del frizzante e attraente mondo della moda:  Ci sono ruoli differenti all’interno di una casa di moda, ma a causa della crisi alcuni di questi si sono unificati; per quanto riguarda il mio campo sono alla continua ricerca dello stile, realizzato dalla raccolta di “mood” captati da analisti del settore in specifiche aree del mondo. Dal “mood” nascerà il progetto ; successivamente lo stilista realizza la collezione e la scheda tecnica, il modellista prepara i campioni degli accessori e i vestiti per i campionari di prova.
Siamo entrambe consapevoli che in Italia non c’è posto per gli stilisti e per la “donna unica”.
Le chiedo come intende realizzare il suo sogno:  Mi trasferisco. Voglio aprire un atelier a Barcellona. Il nome è già pronto e personifica tutti i miei desideri: creare qualcosa di unico che vesta universalmente ogni donna dall’intimo all’accessorio.
Fuga di cervelli?

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