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Chiara Domeniconi: la mia poesia è curiosità e accoglienza

Chiara Domeniconi nel 2015 frequenta la Scuola Holden diretta da Alessandro Baricco per poi inziare a scrivere professionalmente agli inizi del 2016.

Ha realizzato diverse raccolte di poesie, storie per bambini, con diverse Case
Editrici, (Altromondo, La Rondine, Vertigo Edizioni, Lupi Editore).
Con Argentodorato Editore ha pubblicato “Diversamente amabile” (2019) e “Come
un chiodo nella carne” (2020) e “Lacrime nere” (2022).

Innumerevoli premi e menzioni hanno gratificato l’autrice, il cui ultima opera pubblicata è “Mani in Extasy. In mendacio veritatis. In errore legis“, Edizioni SBS.

E’ un’anima inquieta quella di Chiara Domeniconi, aggrappata a quella corda che è stata paura, peccato, dilatatandola fino a spezzarla, trovando il coraggio e la curiosità “di
morire e vivere ancora e di più e meglio“.

Un suo verso recita: “Scrivere è del mago che non ha paura dal nulla di creare”, cosa significa per lei scrivere?

Significa prolungare anima e corpo. È una magia che si ha tra le mani, un potere divino che mi rende quasi immortale, una medicina, un amico fedele, la notte che porta consiglio, il giorno perfetto. È l’insieme di tutte le arti, canto, musica, scultura, pittura, disegno, fotografia. Le parole suonano, colorano, scolpiscono volti, paesaggi, emozioni. Fotografano momenti, persone, nature morte, fantasie, anche il nulla e la morte.

In “Anime rotte” scrive “La nebbia sui troppi anni, che non fanno rimboccare il letto alla stanchezza. Zuccheri non mescolati abbastanza in caffè amari comunque da svegliare solo le cicatrici, da non addolcire le ferite.” Che ruolo può avere la poesia nell’elaborazione delle nostre emozioni?

Può avere il ruolo di vero e proprio interlocutore, amico sincero, specchio veritiero, psicologo. Traduttore. Scavatore. Rivelatrice. Calmante. Per me è stato un ponte tra il cervello e la bocca, mi ha aiutato a tradurre il pensiero in suono, le emozioni in parole. A fotografare ciò che non capivo e a tradurlo in versi. Uno specchio di me più del vero specchio che ho nel bagno. Il braccio come tramite di scrittura tra la testa e la mano….

Chiara Domeniconi
Chiara Domeniconi

“Quando arriverà la morte sarà solo un ritrovarsi. Lei c’è sempre stata, nata con me, in me. E’stata felice e ha sofferto con me. Sta invecchiando con me. E quando arriverà sarà solo un nuovo incontro. Vecchie amiche di una vita. Nate insieme. E la morte morirà con me così come con me ha vissuto.” Qual è il suo rapporto con la morte?

La morte non mi fa paura mi incuriosisce. Piuttosto se mi deve far paura qualcosa è più la vita che è dove sono. Non credo nella fine delle cose me lo ha insegnato la mia esperienza, non credo nel buio eterno. Nel dolore eterno. Non sono coraggiosa, sono curiosa ed è proprio con la curiosità e non col coraggio o con la volontà che sono anche uscita dalla mia lunga malattia.

Sono intera solo quando sono a pezzi, quando mi distruggoo vengo distrutta. Siamo così noi, pazzi della vita, in folle verso la morte. Folli per le tempeste, rabbiosi nei chiarori.” Quanto c’è di autobiografico nelle sue poesie?

C’è tanto, ovviamente, di autobiografico nella mia poesia. Ma vuol dire che c’è anche tanto di conoscenza con l’altro e con il mondo quindi non parlo solo di me stessa. Come dicevo poc’anzi sono una persona curiosa, mi piace interrogarmi, fare domande, ascoltare, osservare. La mia è anche una poesia “aperta”, accogliente credo, che non disdegna di essere presa come modello o materiale per cambiare o “servire” a qualcosa o qualcuno nel mondo.

di Mario Masi

Mario Masi

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