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HomeSalute10.23: l'ora della caccia alle streghe "omeopate"

10.23: l'ora della caccia alle streghe "omeopate"

Di Marco Milano

Sabato 5 e, oggi, domenica 6 Febbraio, scettici di tutto il mondo si riuniscono davanti alle farmacie per prendere di mira, con un’azione dimostrativa, la medicina omeopatica. Quel principio di similitudine del farmaco, formulato da Samuel Hahnemann nel diciannovesimo secolo, secondo cui una malattia può essere curata con sostanze simili a quelle che la generano, viene in questi giorni giudicato sul tribunale mediatico. Alle 10:23, per la precisione, i dimostranti intendono ingurgitare quantità di farmaciomeopatici ai limiti dell’overdose. Il motivo? Dimostrare che “there’s nothing in it!”, come recita lo slogan del gruppo che promuove l’iniziativa. L’ora scelta per l’appuntamento non è casuale, ma anzi fortemente simbolica. 1023 è, infatti, anche il numero di Avogadro – l’unità di misura usata in chimica per misurare un sostanza dal punto di vista quantitativo. Ed è, appunto, il nome ufficiale della campagna anti-omeopatia. I farmaci alternativi hanno l’effetto di una pillola di zucchero, possono considerarsi una pseudoscienza: questo, in sostanza, è ciò che si rimprovera all’omeopatia, una terapia, secondo gli scettici, che si ‘nasconde’ dietro sostanze fin troppo diluite, fino a  contenere una sola molecola del farmaco in 1023 parti d’acqua.

La campagna è organizzata dalla Merseyside Skeptics Society, una organizzazione no-profit per la promozione dello scetticismo scientifico, presente laddove sono carenti informazioni utili per formare un’opinione e delle scelte consapevoli. L’evento di quest’anno – che segue la prima, analoga, protesta del 2010 – ha preso vita, inoltre, come protesta contro quelle case farmaceutiche, l’inglese Boots in testa, che hanno inserito nelle proprie offerte anche i farmaci omeopatici, generando un’inevitabile, ‘pericolosa’, attrazione negli acquirenti. 10 Paesi e 23 città in giro per il globo, così come segnalato dal sito della compagnia, hanno raccolto decine di scettici pronti a trangugiare migliaia di pillole omeopatiche (a Vancouver sono state ingerite dosi fino a cinque volte superiori rispetto a quelle raccomandate). Nessuna conseguenza o effetti collaterali registrati, come atteso e sperato dagli organizzatori. Questo vorrebbe dimostrare che nei prodotti omeopatici non c’è proprio niente. Una truffa svelata, insomma.

Overdose di massa dimostrativa da farmaci omeopatici
Finora, il dibattito sulla presunta efficacia del metodo omeopatico, si è svolto quasi sempre in ambienti specializzati, a colpi di pubblicazioni scientifiche. E’ del 1988 il primo articolo, pubblicato su Nature, che approfondiva il concetto di memoria dell’acqua, secondo il quale le sostanze venute a contatto con l’acqua potevano lasciare una traccia biologica nella diluizione in una successiva assenza delle molecole preparate. Questo a convalidare in qualche modo un supporto scientifico all’omeopatia. In quel caso, la pubblicazione fece sensazione, inevitabilmente. In anni più recenti, tuttavia, è diventata più accreditata e ragionevole l’ipotesi che eventuali risposte positive alle cure omeopatiche, sono spiegabili semplicemente facendo riferimento all’effetto placebo. Le reali armi della cura sarebbero, cioè, l’attenzione che l’omeopata presta al paziente a la conoscenza soggettiva, e spesso inconsapevole, che il malato ha di sé: un supporto quasi solo psicologico per trovare in modo autonomo una strada di guarigione. Naturale, certo, ma che non prevede effetti realmente riscontrabili di sostanze attive, così come avviene nella farmacologia tradizionale.

Questo week end di ‘caccia alle streghe omeopate’ segna una svolta. L’effetto sostanziale che ha provocato l’assunzione multipla e contemporanea di medicine alternative è stato quello di far riemergere il dibattito, esigendo chiarezza e risposte. Il successo mediatico si registra in Paesi come Germania, Francia, dove l’omeopatia è diffusa e sdoganata già da diversi anni. Assente l’Italia. Ci penserà il CICAP a portare in casa il dibattito. Senza gesti ‘estremi’.
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