La Chiesa Cattolica Romana messicana ha reagito duramente a un disegno di legge proposto da alcuni legislatori di Città del Messico, secondo cui tutte le coppie che intendono contrarre matrimonio devono sottoscrivere un accordo prematrimoniale in cui esplicitano le modalità che intendono seguire per la custodia dei figli e la suddivisione patrimoniale in caso di divorzio e stimano la probabile durata del matrimonio. I promotori del progetto, presentato la settimana scorsa al consiglio comunale della capitale messicana, sostengono che tale provvedimento servirà ad alleggerire le cancellerie dei tribunali, letteralmente intasate dalle molte richieste di divorzio pendenti, complesse in termini di divisione dei beni e provvedimenti di custodia della prole e per questo lunghe e costose, tanto per i ricorrenti quanto per lo Stato. I futuri sposi possono decidere a priori la durata del matrimonio e degli obblighi che da esso derivano e comunque, qualora la norma fosse approvata, tale durata non potrà essere inferiore ai due anni.
Si tratta, in breve, di un’ulteriore evoluzione del concetto e del significato di matrimonio, che nel corso del tempo ha avuto anche caratteri oggi considerati inaccettabili e legati principalmente al contesto culturale di riferimento. Si pensi, ad esempio, alla cultura egizia, in cui il matrimonio era visto come un rapporto speciale tra due persone protetto dalle leggi, pur se frequenti erano le deroghe, particolarmente nelle caste di livello superiore e per gli innumerevoli motivi d’interesse, che permettevano persino l’unione tra consanguinei di primo grado. In questo modo la ricchezza poteva rimanere concentrata in poche famiglie.
Nella cultura ebraica, esistevano norme che stabilivano i soggetti che non era possibile sposare. Con le leggi sul matrimonio vennero anche quelle sul divorzio. L’istituzione matrimoniale era vista come un rapporto inscindibile: una volta unite in matrimonio, le persone lo erano vita natural durante da un patto di sangue, più che da un istituto giuridico. Data la struttura delle leggi e della cultura, la monogamia era l’unica tipologia di unione ammessa.
Nella società babilonese, il matrimonio si concretizzava in un patto istituito tramite contratto. La futura sposa veniva messa all’asta e dopo l’acquisto veniva stilato un contratto che, se violato dal marito, obbligava quest’ultimo a pagare una penale in termini di alimenti. Tra i greci esistevano leggi apposite sul matrimonio, anche se gran parte delle decisioni venivano prese dai genitori e la moglie entrava a far parte della famiglia del marito. Il rapporto matrimoniale era preso sul serio, al punto che la cultura greca prevedeva il delitto d’onore in caso di adulterio. Se il marito scopriva che la moglie aveva un amante, poteva ucciderlo pubblicamente (anzi, una tale reazione era quasi auspicata).
Tra i popoli dell’Europa settentrionale (germani, celti, scandinavi e scozzesi), il matrimonio avveniva per acquisto o per cattura. I guerrieri catturavano le possibili spose, o le compravano da tribù o popoli che vivevano nelle vicinanze e ciò non escludeva, in caso di razzie particolarmente “ricche”, il verificarsi di casi di poligamia. Ai tempi di Carlo Magno, il matrimonio era visto come un rapporto speciale al punto da necessitare una cerimonia pubblica officiata da un membro della Chiesa.
Nel corso dei secoli, ci furono cambiamenti anche radicali man mano che le persone si allontanavano da quest’ultima, favorendo un’interpretazione maggiormente giuridica dell’unione. Il diverso approccio al matrimonio è anche all’origine di uno spostamento di potere, passato progressivamente dalle mani “consacrate” a quelle “investite” ex lege. Uno degli effetti dell’azione dei riformatori protestanti in Germania nel XV e XVI secolo fu la ridefinizione del matrimonio in termini nuovi, il che ha consentito non solo ai Pastori di sposarsi, ma anche di svincolare il matrimonio dal controllo esclusivo della Chiesa, rendendolo un contratto sociale, prima che un sacramento religioso. Ciò modificò in primo luogo il diritto di famiglia e secondariamente la percezione e il valore delle ragioni che sono causa di annullamento e divorzio. Ecco allora comparire l’adulterio, l’impotenza, l’incompatibilità grave, la poligamia, l’inganno (cioè il nascondere l’esistenza di un matrimonio), o l’assenza prolungata come cause giustificanti lo scioglimento del vincolo. Prima di questi cambiamenti, vi era solo la ‘separazione dal letto e dal desco’ piuttosto che il divorzio come lo intendiamo oggi.
Un altro cambiamento nella definizione di matrimonio intervenne nel XIX secolo quando, in conseguenza dei primi movimenti a sostegno della condizione della donna, lo si paragonò a una forma di ‘schiavitù domestica’.
La moderna definizione di matrimonio è il prodotto di secoli di cambiamenti nei costumi e nelle leggi. Certo, la concezione dei legislatori messicani non è del tutto nuova. Il pre-wedding agreement (l’accordo prematrimoniale) è una prassi abbastanza comune nei paesi anglosassoni, specie quando ci sono grossi patrimoni in gioco. Recentemente, peraltro, l’istituto ha fatto capolino anche in Italia, affiancandosi con sempre maggior frequenza al già previsto regime della separazione dei beni. Ma l’idea della previsione della durata è un’assoluta primizia intellettual-giuridica. In realtà, “le persone possono stabilire termini di 99 anni o il classico ‘finché morte non ci separi’ se ritengono che il matrimonio sia destinato a durare a lungo”, ha specificato Carlos Torres, portavoce di Lizbeth Rosas, una dei proponenti la legge.
Ma le gerarchie cattoliche, ovviamente, non la vedono così. Padre Hugo Valdemar, portavoce dell’arcidiocesi della capitale ha bollato come “totalmente assurda” l’ipotesi di chiedere alle coppie di decidere una data di scadenza per la promessa di matrimonio. Inoltre, ha aggiunto che si tratta di “una proposta fatta da persone che non capiscono la natura del matrimonio. (…) Non è un contratto commerciale, è un contratto tra due persone per un progetto di vita e la creazione di una famiglia”. Così facendo, a suo avviso, “Si denigra il concetto di famiglia … e lo rende più simile a un patto tra amici”.
Torres, che preferisce riferirsi all’accordo prematrimoniale con l’espressione ‘matrimonio rinnovabile’, ha ricordato che, secondo i registri dello stato civile di Città del Messico, la percentuale di divorzi nel biennio 2009-2010 si è attestata intorno al 40%. “La verità – ha aggiunto – è che siamo alla ricerca di soluzioni ai problemi che i tribunali di famiglia affrontano ogni giorno, come i ricatti emotivi o l’uso spregiudicato dei bambini come strumenti per ottenere ciò che si chiede. Questo provvedimento semplificherebbe le complesse procedure all’atto della separazione e poi del divorzio”.
Il disegno di legge mira a risolvere un grande problema in una città di quasi 9 milioni di abitanti, dove le cause di divorzio sono così penose e onerose in termini di risorse finanziarie e di tempo che molti decidono di non avviare neanche l’iter e preferiscono farsi direttamente una nuova famiglia.
“Dopo 20 anni, alcune cause non sono ancora giunte a definizione e in molti casi si assiste a situazioni in cui gli interessati hanno una seconda famiglia di fatto. Come è facile immaginare, ciò crea non poche difficoltà, ad esempio, in termini di eredità e mantenimento dei figli”, ha ulteriormente specificato Torres.
La proposta di legge è attualmente all’attenzione di una commissione di studio incaricata di valutarne la fattibilità e l’applicabilità. Tra gli aspetti più salienti ci sono l’obbligatorietà delle frequenza di corsi prematrimoniali sugli aspetti pratici del matrimonio e dell’indicazione quale religione o dei precetti religiosi secondo cui saranno educati i figli.
Nessuna di queste disposizioni è gradita alla chiesa cattolica, che già da tempo è ai ferri corti il Partito per la Rivoluzione Democratica (PRD) di Rosas per le sue posizioni abortiste e a favore della legalizzazione dei matrimoni omosessuali.
“E’ solo un’altra delle proposte del PRD, un partito profondamente irresponsabile – ha tuonato Valdemar – che con i suoi tentativi sta distruggendo la famiglia e i suoi valori”.