di Mario Masi
Sono passate solo poche ore dalla mia telefonata con Elisa. Sono al centro di Roma, vicino Montecitorio, vado a recuperare il motorino per tornare a casa. Infilo il casco meccanicamente, alzo la testa e gli occhi puntano sulla vetrina davanti a me. Non ci posso credere. Accanto alla scritta ‘Saldi’ un foglietto in bella vista recita ‘Oversize – Taglie grandi: da 42 a 56‘.
Mi rendo conto che è proprio vero: ormai le fashion victim non sono solo più le modelle o quelle donne il cui livello di vita permette di seguire le tendenze moda dettate dalle grandi firme.
Le vittime sono anche quelle ragazze che leggono quella scritta in vetrina e che si sentono diverse, colpevoli, vittime della loro taglia 42!
Elisa D’Ospina ha dato vita con altre sei modelle al progetto Curvy Can contro i disturbi alimentari. Posando senza veli hanno mostrato come la bellezza e la femminilità si sposi perfettamente con le curve giuste. Uno schiaffo quindi alla tendenza della nostra epoca che ha imposto il peso e le forme corporee come oggetto di cura diventando una vera e propria fonte di nevrosi non solo per le donne ma anche per gli uomini.
I disturbi alimentari oggi non sono più un problema di genere, ma di identità.
Il sogno di affermarsi come modella è invece alla portata di tutte le ragazze, di qualsiasi taglia. Ed Elisa D’Ospina c’è lo dimostra parlandoci della sua esperienza diretta.
Elisa, cosa significa essere una plus-size model?
Plus size model è un’etichetta privilegiata. Siamo donne più vicine al reale, in cui chiunque può rispecchiarsi pur avendo dei canoni da ‘modella standard’ (come l’altezza). Personalmente questo mio lavoro mi permette di trasmettere un messaggio positivo alle ragazze di oggi che pensano che ammazzandosi di diete riescono a diventare belle. La bellezza è in ogni donna, basta saper valorizzare ciò che la natura ci ha dato.
Perché il mondo della moda continua a proporre un modello di donna non reale?
La moda privilegia le collezioni e non le donne in quanto tali. Molti addetti del settore dichiarano che la ‘donna manichino’, senza forme, permette di far vedere l’abito cosi come è.
E’ vero che se non si è una taglia 42 si è tagliati fuori dalle passerelle?
La taglia 42 in certe passerelle è già ‘plus’. Sfilano alle volte le 38, per non parlare delle giovanissime modelle dell’est con la 36.
Ha mai sofferto di disturbi alimentari?
Grazie al cielo no. Ma avuto persone molto vicine a me che ne hanno sofferto, e quel mondo, pur indirettamente l’ho visto e vissuto.
Da adolescente è stata anche lei una fashion victim?
Si, probabilmente durante l’adolescenza anche io cercavo di uniformarmi a quei canoni che la società ci impone. Grazie all’intelligenza dei miei genitori, poi, ho saputo valorizzare e accettare la mia corporatura fisica.
Cos’è e a chi si rivolge Curvy Can?
A tutti coloro che non si accettano. Io, con alcune mie colleghe, abbiamo voluto dare un messaggio. Raccontando le nostre storie personali, molto diverse tra loro, parliamo di normalità e di accettazione. E speriamo che qualche ragazza che entra nel vortice della malattia per seguire canoni sbagliati si ricreda…. E’ un obiettivo duro, ma cercheremo di portarlo avanti.
Com’è nata l’idea?
E’ nata da noi modelle una sera dopo una sfilata. Io, personalmente, sono già tre anni che porto questo messaggio in giro per i media. A ottobre ho avuto la fortuna di incrociare nel mio percorso il Ministero della Salute che mi ha fatto testimonial della Giornata della Salute nazionale.
Che tipo di riscontro state avendo?
Molto positivo. Sia donne che uomini ci sostengono….
Quali sono i suoi progetti futuri?
Sicuramente poter continuare a testimoniare a livello sociale la mia esperienza, poi sicuramente continuare nel lavoro, sia di comunicatrice con la Agade communication, sia come modella plus size!