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Una perfetta felicità. Il bi-successo di James Salter

di Lidia Monda
Ci sono libri che hanno successo e finanche bi-successo. È il caso di “Una perfetta felicità” di James Salter (Guanda Editore). Uscito in America nel 1975 con il fascinoso e promettente titolo “Light years”, ovvero “Anni luminosi”, è giunto solo da poco nelle nostre librerie, confermando però il successo ottenuto al tempo della sua prima pubblicazione.

Una perfetta felicità        di J. Salter
Una perfetta felicità di J. Salter

Ambientata negli States degli anni ’50, e più precisamente in una New York perfettamente immaginabile nei suoi contrasti e nelle sue raffinatezze, la storia ci accompagna per quasi un ventennio nella vita di Viri, mediocre architetto dalla sensibile personalità, e Nedra, splendida e libera donna, dedicata alla casa e alla famiglia. Nella cornice elegante e ricercata di una casa sul fiume Hudson, la coppia si muove con sofisticata naturalezza, scandendo la sua vita, oltre che dal profondo affetto verso le due figlie, da cene con amici e happening mondani, che non riescono tuttavia a imprigionarli in vuoti cliché. La continua ricerca, infatti, di un perfetto equilibrio tra una vita vissuta formalmente e quella profonda e intimistica percepita dai singoli protagonisti resta una costante nella loro esistenza, e rimanda al titolo americano che rende di certo più giustizia all’opera di Salter.
Rispetto e amore legano marito e moglie ma, di là da questi “anni luminosi”, si intravede la discesa. Il decadente stato di sopravvivenza sia per l’insicuro e fragile Viri, che per l’esuberante ed energica Nedra, porterà al prevedibile epilogo della loro vita matrimoniale, cui si affiancherà invece, come contraltare, il successo nella formazione e educazione delle giovani figlie, rese splendido esempio d’intelligenza e indipendenza culturale. La storia si dipana attraverso le dinamiche di coppia fino allo scioglimento del legame così intenso che li ha uniti, e lascerà tutti e due, nonostante l’inseguimento di un’effimera e surrogata serenità, svuotati e incapaci di godere appieno di un rapporto coniugale.
Salter ci consegna dunque, attraverso le parole della protagonista, la sua personale concezione della ‘perfetta felicità’ e dell’amore, tanto esaltato nella sua dimensione verticale attraverso la costante persistenza del rispecchiamento nei figli, quanto esposto e fragile nella sua dimensione orizzontale e coniugale, costantemente sottoposto alla spada di Damocle dell’usura, dell’inquietudine e di una strisciante leggerezza dell’essere.

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