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Il 2 aprile è Blue day, per conoscere l'autismo e tutti i bambini 'blue'

di Lidia Monda
autismo
 
Antonio è un bambino blu. Sorride dall’alto dei suoi otto anni, ma è ben diverso da un puffo. Per cominciare non ha il cappello e neppure le orecchie a sventola. Ha invece due grandi occhi castani, timidi e imperscrutabili, che contrastano col suo carattere, sempre vivace e allegro. E ha una memoria formidabile, ben al di sopra della media.
Antonio è un bambino blu. Fa parte di quel popolo silenzioso che vive su questa terra e che pian piano fa capolino dai nostri schermi, tivvù o computer, e approda poi nella nostra vita quotidiana, soprattutto in giornate come questa.
Essì, perché  oggi 2 Aprile, per Antonio e per tutto il resto della gente blu, l’ONU ha istituito il “Blue Day”, la giornata mondiale per la sensibilizzazione sull’autismo, arrivata alla sua ottava edizione.ph by LightItUpBlue.org
Anche ieri notte, infatti, come gli anni scorsi, la grande organizzazione mondiale per la ricerca e la tutela sull’autismo, Autismspeaks, ha lanciato l’iniziativa Light it up blue, accendilo di blu, invitando le amministrazioni di tutto il mondo a illuminare simbolicamente i propri edifici con una luce blu, per ricordarci di questo popolo delicato e introverso, troppo a lungo ignorato o discriminato da noi “babbani”.
Un popolo per davvero, e in costante crescita, se si pensa che solo l’anno scorso la CDC statunitense (Center for Disease Control) ha abbassato la percentuale d’incidenza dell’autismo, considerate anche le forme più lievi, a uno su 68, o addirittura uno su 50 se si considerano bambini in età scolare.
(fonte http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Salute_e_Ricerca/Il_Punto/info-1494186610.html).

ph by unospicchiodicielo.it
ph by unospicchiodicielo.it

Tecnicamente l’autismo viene definito come disturbo pervasivo dello sviluppo , ovvero un disturbo nell’interazione sociale. Ma non è una malattia, è più che altro “un modo di essere”, e non solo perché vengono poste sotto la medesima definizione patologie diverse tra loro, ma anche perché, indipendentemente dalle varie diagnosi, l’autismo sarà un compagno di viaggio per tutta la vita.
L’autismo non si ha. Autistici si è. Ed è un modo di essere che lega questa strana e affascinante popolazione blue, termine inglese per indicare non solo il colore ma anche chi è triste. E mi viene da pensare che forse è vero che una parte di questo popolo blu viene dalla luna o dal profondo del mare, perché spesso non parla, ma è più sensibile e delicato della razza umana, con cui si mescola, senza tuttavia confondersi. In altri casi invece, grazie a una diagnosi precoce e a un lavoro incessante, i bambini autistici sono in grado di parlare e anche di comunicare.
E’ il caso di Antonio, il nostro piccolo blu. Bambino fortunato, e anche usare questa parola ha un peso, oggi, del tutto diverso. Lo aiuta il carattere e l’impegno costante della mamma che traduce anche la più piccola delle cose, come prendere un pacco di pasta da uno scaffale del supermercato, in un’occasione di stimolo e crescita, in perenne traino all’interazione col mondo.
Perché, che resti fra di noi, essere mamma di un bambino autistico non è affatto facile. E non per la fatica quotidiana del trasformare ogni cosa in una battaglia da vincere, dove la posta in gioco è l’autonomia, non per la costante e amorevole pazienza nel rendersi interpreti di un linguaggio che è altro, e neppure per l’assurdità di una corsa contro il tempo della propria vita, alla ricerca di soluzioni e riparo per quando resterà solo.orsetto
No. Non è questo. Questo è ciò che accade tutti i giorni tutto il giorno. Alcuni lo definirebbero karma. E’ la vita toccata in sorte ai genitori che ci fanno i conti e che non possono dimenticarsene.
No. Ciò che stanca è la battaglia “fuori” casa. Con le istituzioni. Perché in astratto le istituzioni sono accoglienti e di supporto, ma in concreto capita che passino attraverso gangli di smistamento inquinati da meschinità e protagonismo, o da semplice inadeguatezza. Non sempre, per fortuna, ma talvolta accade. E allora accade anche che grandi poteri vengano distribuiti a piccoli uomini, e che una semplice certificazione finisca nel fuoco incrociato di rivalità interne agli uffici, che rischiano di buttare all’aria anni di lavoro e di fatica dei bambini, dei genitori e dei terapisti che li seguono.
“Sono stanca, domani non festeggerò” dice una mamma blu. “L’anno scorso ebbi l’idea di sensibilizzare la classe di mio figlio con una festicciola a tema, con tanto di palloncini e torta. Mi accusarono di aver escluso le altre classi della scuola, ma non potevo fare di più, non siamo ricchi e dalla scuola non ho avuto alcun aiuto”.
foto di Autismo Arezzo (fb)
foto di Autismo Arezzo (fb)

“Pensa– aggiunge un’altra mamma- che ho chiesto alla preside della scuola elementare di mio figlio i libri di testo per la terza elementare. Devono essere interamente riscritti utilizzando immagini e linguaggio comprensibili da un autistico. Sono due mesi che nonostante le maestre abbiano già individuato i libri, la direttrice ritarda nell’ufficializzazione, dice che è troppo presto, ma non comprende che c’è bisogno di tempo per riscrivere interamente tutti i libri, ed è un lavoro immane”.
Ecco, sono queste le battaglie più pericolose. Quelle quotidiane per le piccole, piccolissime cose, che però possono fare la differenza. Sono le più insidiose perché alla fine logorano. Sottraggono tempo ed energia alle battaglie più grandi, come le trafile, penose ma necessarie, per il riconoscimento di un posto auto o di una pensione di invalidità, o come il districarsi in un dedalo di norme e codicilli che non aiutano genitori già provati e non li rendono consapevoli dei loro diritti, minando anche quelli dei loro figli.
Allora guardo Antonio. Il bambino blu. Il fortunato. La diagnosi precoce ha consentito di intervenire subito sui limiti che comporta il suo essere blu. L’insidia è dietro l’angolo, però. Usa la sua memoria prodigiosa per ripetere parola per parola anche una lettura di tre giorni prima, ma la comprende al 10%. Alcuni si accontenterebbero, ma la mamma è cauta. Ed esigente. Occorre che Antonio impari a riassumere, perché questo è davvero ‘andare avanti’.
liubthumbE allora mi son fatta piccola piccola e ho imparato da questa mamma che pretendere la qualità da un servizio pubblico è un diritto da esercitare e che non farlo, anche solo per stanchezza, è connivenza morale. Ho imparato che chiedere ad Antonio la normalità è la forma più scomoda e più vera per renderlo uguale agli altri. Ma soprattutto ho imparato ad accendere una luce blu per ricordare a me stessa e ai miei figli che esiste un popolo strano, che viene forse dalla luna, o forse dal fondo del mare, che va ascoltato di là delle parole e che custodisce segreti profondissimi, che vale sempre la pena di scoprire.
 
 

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