di Antonietta Molvetti
Ottobre è tradizionalmente il mese in cui partono le campagne di prevenzione contro molte malattie. Fioriscono un po’ ovunque le locandine che ci invitano ad effettuare gli opportuni controlli, affidando il messaggio a personaggi celebri prestatisi a far da testimoni.
La lega italiana per la lotta ai tumori (LILT), quest’anno, ha scelto come testimonial per la XXII edizione della “Campagna Nastro Rosa”, contro il cancro al seno, Anna Tatangelo, viso noto della canzone italiana.
La Tatangelo, ritratta in tutto il suo splendore, capo reclinato al lato e braccia incrociate a coprire i seni nudi, ci suggerisce per mezzo di una scritta posta al di sotto dei suoi addominali perfetti: “Fai prevenzione: proteggilo anche tu!”.
Nel comunicato stampa di presentazione della campagna si legge: “L’ abbraccio simboleggia il gesto più intimo per dire: “Mi voglio bene, per questo mi prendo cura della mia salute”, e l’invito a tutte le donne a fare altrettanto”.
E’ ora possibile che, dinanzi alla foto della Tatangelo, tanto la scritta, quanto l’esortazione che essa intende rivolgerci passino in secondo piano. Più probabile invece che ci restino il ricordo del fascino della donna ritratta e l’impressione di complessiva gradevolezza della fotografia.
Accade così che una locandina ideata per una così nobile causa inneschi, per quanto involontariamente, una lunga scia di polemiche. Un gigantesca ondata di proteste, a cui ha dato avvio la lettera di Grazia De Michele, (blogger) e Sandra Castiello (docente di liceo) indirizzata alla LILT e al Ministro della salute Lorenzin, con la formale richiesta di ritiro della campagna, agita in queste ore il mare dei blog, scuote la rete, sollecita interventi di autorevoli oncologi, giornalisti e gente comune.
Indubbiamente la campagna suggerisce una serie di legittimi interrogativi.
Perché, ad esempio, delle informazioni sulla prevenzione, corrette e sacrosante devono essere affidate all’immagine di una donna bella, accattivante, e -diciamolo pure- in posa vagamente sexy?
Perché il seno deve obbligatoriamente rimandare ai due volti della donna più tradizionali e stereotipi, ovvero di madre accudente che allatta e di femmina come oggetto sessuale?
Non si intende qui giudicare o colpevolizzare la bellezza della Tatangelo. Non si pretende men che mai biasimarla per la mastoplastica additiva a cui, per scelta estetica, si è sottoposta, rimarcando di contro che per molte altre donne gli interventi chirurgici siano tragiche necessità.
Si disapprova la vecchia e logora idea di riproporre, anche nel contesto della prevenzione ai tumori che ne vorremmo dispensato, la bellezza femminile come unico vocabolario possibile, insuperabile strumento di comunicazione. Conseguentemente appare ancor meno convincente la scelta di puntare sull’immagine di una giovane dall’ avvenenza superiore alla media, che non è dunque realisticamente rappresentativa di tutte le donne.
Il seno femminile non è sempre bello, perfetto, sodo, grande. Il seno di una donna è parte di quella creatura, ne è, al pari di ogni altro suo tratto fisico, l’essenza, a dispetto della sua estetica.
La porzione di seno che si intravede tra le braccia incrociate della Tatangelo, non ci pare francamente l’immagine giusta per una campagna che è certo di prevenzione al cancro, ma dovrebbe restare prima di tutto e in ogni caso campagna dalla parte delle donne. Essere dalla loro parte significa concretamente perorare le tante “cause” femminili ancora oggi sospese, incluso l’abbattimento del più odioso e resistente stereotipo di genere, quello che appunto ci vuole sempre regine di bellezza.
Se il fascino e lo splendore delle donne non passano attraverso un corpo perfetto, essendo esse il frutto del vissuto, della personalità, della cultura, del carisma di ciascuna e di tanto altro ancora, figurarsi il loro benessere.
Una campagna per la lotta del tumore al seno, data l’enorme rilevanza sociale del messaggio che diffonde, deve essere affrontata con parole e immagini che non distolgono, bensì vanno dritte al punto. L’augurio quindi è che per il futuro, i pubblicitari scelgano di contare meno sul fascino della forma, scommettendo finalmente tutto sulla forza della sostanza.