Di Valentino Salvatore
Quest’anno la Cineteca Nazionale collabora alla XV edizione del Roma Film Festival con una rassegna dedicata a Pupi Avati, uno dei registi più poliedrici ed interessanti del panorama italiano. Dopo aver omaggiato nel corso degli anni grandi maestri del cinema italiano come Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Ettore Scola, è la volta del regista bolognese, con alle spalle una storia d’amore con il cinema lunga circa quarant’anni, tra commedia agrodolce, racconto intimista, musical e horror.
Nelle vesti di regista, sceneggiatore e musicista (mancato, confessa ricordando i suoi trascorsi con Lucio Dalla) si dedica al cinema con l’infaticabile costanza e la sobrietà di un artigiano della macchina da presa, sfornando in media un film all’anno. Sebbene il suo impegno profuso sia stato sempre notevole, non altrettanti sono stati i riconoscimenti a lui tributati. Per rendergli omaggio, dal 28 novembre al 5 dicembre presso il Cinema Trevi di Roma, sarà sugli schermi una retrospettiva, intitolata Pupi Avati, un poeta fuori dal coro. Espressione ripresa dal titolo di un libro dedicatogli dal presidente del Roma Film Festival, Adriano Pintaldi, legato ad Avati da una lunga amicizia. Un omaggio che raccoglie appunti, documenti, aneddoti, ricordi forniti dallo stesso autore, che aiuta a ripercorrerne la ricca e stimolante produzione. Un “poeta fuori dal coro”, chiarisce Pintaldi nell’introduzione al libro, “non solo per il suo inconfondibile tratto narrativo”, ma anche “per la sua totale autonomia, che lo ha reso libero di operare sempre le sue scelte artistiche e produttive al di fuori dalle mode e dalle tendenze commerciali del momento”.
Lo stesso regista emiliano sarà presente ad un incontro col pubblico la sera del 30 novembre, affiancato da Pintaldi e Marcello Foti, direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia. A seguire, la proiezione del documentario su Pupi Avati, prodotto da Roma Film Festival col patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lazio, con la collaborazione di Medusa, 01 Distibution e il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, una carrellata che ripercorre i quarant’anni di cinema del regista, con testimonianze di collaboratori, amici e attori che con lui hanno lavorato. Come il fratello, Antonio Avati, suo braccio destro nella scrittura delle sceneggiature; Maurizio Costanzo, altra penna che gli si affiancò per scrivere i film; Lucio Dalla, amico e rivale nel mondo del jazz, oltre a Gianni Cavina, Carlo Delle Piane e Neri Marcorè, interpreti di alcuni suoi film.
Anche il critico e sceneggiatore Tullio Kezich esaltava la capacità di Pupi Avati di tratteggiare con acutezza “eroi e antieroi vivi e concreti” e di spaziare con estrema libertà tra i generi più disparati, senza remore intellettualistiche, “travalicando tutte le barriere, tant’è vero che non si può mai prevedere se il suo prossimo film sarà una commedia intimista o un horror”.
La rassegna parte domenica 28 novembre con La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975), parabola eretica e grottesca interpretata da Ugo Tognazzi e Paolo Villaggio e Tutti defunti… tranne i morti (1977). Da segnalare anche film che scavano nel passato di Pupi Avati e che riadattano i suoi ricordi di famiglia al cinema, come Una gita scolastica (1983) e La via degli angeli (1999). Non vanno dimenticati i thriller e gli horror in cui il regista è maestro, con un classico come La casa dalle finestre che ridono (1976) per il quale gli venne persino affibbiata l’etichetta di “Polanski emiliano”, Zeder (1983) e L’arcano incantatore (1996).
Il regista dai trascocrsi di musicista jazz che traspone su pellicola il suo Mozart inedito in Noi tre (1984) e ricorda Leon Beiderbecke in Bix (1991). Avati affronta, seppure con una certa introversione, le contraddizioni e i tormenti dell’amore in Il testimone dello sposo (1998), Il cuore altrove (2003) con Neri Marcorè e Vanessa Incontrada e La seconda notte di nozze (2005), sempre con Marcorè e Antonio Albanese. Senza tralasciare il dramma familiare Il papà di Giovanna (2008), che valse a Silvio Orlando il premio come miglior attore alla mostra del cinema di Venezia.
Tra i film che verranno presentati durante la rassegna segnaliamo anche Impiegati (1985) con Luca Barbareschi, Festa di laurea (1985), Regalo di Natale (1986) con Diego Abbadantuono, sul tradimento dell’amicizia consumato attorno ad un tavolo da poker. Ma anche Ragazzi e ragazze (1989) con Alessandro Haber e Ultimo minuto, con un crepuscolare Ugo Tognazzi che si confronta col mondo del calcio. Tratteggia la famiglia in crisi con Fratelli e sorelle (1992) e rappresenta i retroscena meschini del mondo del cinema con Festival (1996). Da ricordare l’intenso Magnificat (1993), sontuoso e tragico affresco del mondo medievale, dove fede e violenza sono onnipresenti e si intrecciano. Oltre al documentario di Adriano Pintaldi, sarà proiettato l’omaggio del regista Claudio Costa intitolato Pupi Avati, ieri oggi domani, che ricalca l’autobiografia del Sotto le stelle di un film e ripercorre i primi anni di vita e le alterne fortune di questo grande protagonista del cinema italiano.