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"Caso Comacchio": la parola al direttore del Mann, Paolo Giulierini

Il cortonese Paolo Giulierini, 46 anni, archeologo con specializzazione in etruscologia, ha diretto dal 2001 il Maec, Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona. Dallo scorso ottobre è neodirettore del Mann, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, una delle venti nomine alla direzione dei principali musei italiani, seguite alla riforma voluta dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. La necessità di un rilancio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli è nella dichiarazione d’intenti di Giulierini che ha presentato proprio di recente una pubblicazione con la nuova mission museale, il Piano Strategico 2016-2019  (Ed. Electa). Ambiziosi i progetti di valorizzazione di uno dei musei più importanti al mondo per l’archeologia classica, su tutti “Il Mann nel mondo”, con i capolavori del Museo in dieci mostre tra Giappone e America. Apprezzabile lo sforzo di riaprire le sale finora non accessibili del Museo, la sala dei culti orientali  riaperta a fine giugno e l’annunciata riapertura, prevista il 7 ottobre prossimo, della prestigiosa sezione egizia. Polemiche e proteste sono scoppiate, invece, in seguito all’annuncio di un accordo siglato dal direttore Giulierini con il Comune di Comacchio. In base a tale accordo, di cui vi alleghiamo una copia, vengono autorizzati prestiti di opere del Mann attualmente nei depositi per allestire mostre temporanee nel ferrarese. Abbiamo parlato con Paolo Giulierini di alcune delle questioni poste da chi sta manifestando e protestando contro quest’accordo.

Dopo Marcello Venuti nel ‘700, un altro cortonese alla direzione del Museo Archeologico napoletano. Come valuta l’esperienza che sta vivendo nella città partenopea?
Si tratta di un’esperienza coinvolgente in quanto non si puo’ scindere il Museo dalla città. La complessa storia del museo riflette quella di Napoli ed entrambe vanno conosciute, approfondite e tenute costantemente in relazione, per la corretta gestione dell’Istituto. Quando arrivò Marcello Venuti, sotto il Regno di Carlos, iniziarono le grandi scoperte di Ercolano e le prime forme di conservazione del materiali di scavo e delle collezioni. Oggi, dopo trecento anni, si tratta di rilanciare uno dei più grandi musei archeologici del mondo.

 

Quali strategie sta attuando per rilanciare il museo e quali risultati stanno ottenendo?
Le strategie prevedono tre linee. All’interno la riapertura delle collezioni (Egitto, Magna Grecia, Statuaria Campana), il potenziamento della comunicazione istituzionale e scientifica nonché il miglioramento dei servizi (nuova caffetteria, nuovo ristorante, giardini aperti, nuovo sito internet).
 All’esterno l’avvio di un dialogo progettuale con tutti i soggetti scientifico-culturali cittadini e campani in primo luogo, poi italiani.
 A livello internazionale, oltre a mostre temporanee create con materiale di deposito che veicoleranno il nome del Mann nel mondo e faranno introitare molti fondi, la costituzione di protocolli di intesa con grandi musei come l’Ermitage, il Louvre e il Getty, per realizzare mostre, convegni, interscambi di studiosi, ridonando al museo un respiro di altissimo livello.

 

In questi giorni ci sono state molte polemiche sul “caso Comacchio”, ovvero un accordo di collaborazione siglato tra il Mann e il Comune nel ferrarese, al quale verranno prestate opere provenienti dai depositi del museo napoletano, senza limiti quantitativi, per allestire mostre temporanee. In che modo sono stati valutati i benefici che ne deriveranno per il museo napoletano?
Se si analizza il clamore destato dal prestito temporaneo a Comacchio per realizzare due piccole mostre di tre mesi, una per ciascun anno per i prossimi due anni, alla luce dell’impianto progettuale generale del nuovo Mann e dei benefici che porterà questo museo alla Campania, viene da sorridere.
 Non è assolutamente vero poi che non esistono limiti quantitativi. Il protocollo delinea le impostazioni generali, il progetto scientifico che segue (sarà pronto a fine settembre) ed è curato dalla conservatoria del Mann fissa in maniera inequivocabile l’elenco dei materiali. Ma questo vale per tutte le mostre che facciamo in Italia ( Nord, Centro, Sud) e all’estero.
 Il Mann applica di norma in Italia un fee solo per i musei di Fondazione (e anche qui ci sono eccezioni), mentre è quasi costante per i musei esteri.
 Con i musei italiani non di fondazione (statali o civici) che fanno richiesta si valutano volta a volta, oltre le garanzie di sicurezza, la capacità di promuovere, attraverso azioni specifiche, l’immagine del Mann nel loro territorio.
 Pochi sono all’altezza in Italia di stare al passo con la capacità imprenditoriale, nel settore turistico, dell’Emilia Romagna ad esempio.

 

Sulla stampa qualcuno ha parlato anche di “succursale” del Mann a Comacchio. E’ partita anche una campagna di raccolta firme su change.org per il timore che tali prestiti che dovrebbero avere durata biennale con possibilità di rinnovo diventino donazioni. Puo’ spiegarci meglio i termini e le condizioni dei prestiti delle opere?
Il codice permette prestiti temporanei ma nessun tipo di donazione. Punto e basta. L’uso improprio della parola succursale da parte di un sito emiliano ha scatenato una lettura superficiale dei fatti in Campania.
 Insomma siamo arrivati quasi al paradosso della vendita della Fontana di Trevi di un noto film agli stranieri.
 Il prestito temporaneo di decine di splendidi pezzi per la mostra ‘Il Nilo a Pompei’ al Museo Egizio di Torino non ha suscitato nessuna polemica. Stessa tipologia di mostra, ovviamente temporanea, anche in quel caso gratuita pur trattandosi di museo di Fondazione, perché sono stati valutati altri benefici. E potrei citare cento altri casi, come il nucleo fondamentale dei pezzi di Napoli per la mostra Mito e Natura, tenutasi a Palazzo Reale a Milano, in occasione di Expo 2015.

 

Molti si sono chiesti come mai la scelta sia ricaduta proprio su un comune del ferrarese e se non fosse stato preferibile prestare tali opere ad altri musei dislocati sul territorio campano, considerato ad esempio che Comacchio ed Ercolano concorrono entrambe come candidate a Capitale della Cultura. Cosa ne pensa?
Ricordiamoci per favore che il museo è nazionale, quindi presta in tutta Italia, e non certo sulla base di logiche di candidature di enti locali a città della cultura.
 Tra l’altro i pezzi da prestare sono tutti da decidere, e credo che se ci fossero pezzi di Ercolano (ricordiamoci però che la prima mostra riguarda il tema della Scrittura) sarebbe uno spot proprio per la stessa Ercolano.
 Il problema dell’idea di depositare oggetti del museo di Napoli in musei campani fa capire da subito quanto non si abbia a fuoco il tema della gestione.
 Intanto esistono analoghi depositi degli ultimi scavi delle Soprintendenze, ma il problema di fondo è che la rete de musei campani (civici, regionali e statali) è in crisi perché non ci sono fondi per garantire i servizi di base (aperture, personale, attività scientifiche e didattiche); mancano soldi non mancano pezzi. Con il surplus generato dal Mann si sono da tempo avviati progetti per sostenere soggetti come la Reggia di Portici, intimamente legati al nostro museo. Quanto ad Ercolano il Mann lo promuove costantemente sia esponendo le collezioni permanenti (una per tutte la Villa dei Papiri), sia con mostre in Italia e all’estero.
 Quando arriverà la nuova Direzione i rapporti potranno essere ancora più stretti, ma è ovvio che al rilancio di Ercolano potranno concorrere tutti, dal Comune, alla Regione, alle Università, alle associazioni, alle accademie.
 Se poi ci sono progetti specifici per candidare Ercolano o altre città campane a città  della Cultura il Mann sarà ben lieto di dare una mano. Ma al momento non ho mai ricevuto segnali in tal senso.

 

Uno dei problemi, denunciato anche dalla Corte dei Conti, è che buona parte degli incassi per l’ingresso nei musei e siti archeologici finisce nelle tasche di società private che da anni gestiscono biglietterie online e servizi aggiuntivi. Ad esempio al Colosseo lo Stato incasserebbe solo il 30% dei 12 euro del biglietto. Lo stesso vale per le grandi mostre. Cosa ne pensa?
Credo che una parziale presenza del privato nella gestione dei beni pubblici sia utile ma che spesso gli aggi vigenti, e che io stesso ho trovato, siano eccessivi. Occorre però che il pubblico si doti di organigrammi adeguati per gestire i proventi che derivano dai propri biglietti e royalties, in maniera da non essere succube della progettualità del privato.

 

Si parla sempre più spesso di patrimonio culturale che deve sottostare alle regole del mercato. Eppure il fine ultimo del patrimonio non dovrebbe essere pieno sviluppo della persona umana, un valore che non deve stare sul mercato e dovrebbe essere garantito?
Quello che lei dice è garantito dalla Costituzione. Mettere meglio a profitto le nostre risorse culturali non significa abdicare alle leggi del mercato, ma creare le condizioni per garantire ancor meglio tale sviluppo della persona umana.
 Un museo chiuso non fa crescere nessuno.

 

di Anna Esposito

 
di seguito l’accordo siglato tra il Comune di Comacchio e il direttore del Mann, Paolo Giulierini

 

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