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“Il Destino”, presentato a Roma l'ultimo libro di Giovanna Breccia

 
Ci sono tanti tipi di tradimenti, in genere quelli che ci feriscono di più sono i tradimenti subiti dall’altro. E verso di questi ci scagliamo con toni di rabbia e delusione, come fossero gli unici impedimenti alla nostra felicità. Raramente pensiamo al tradimento che noi stessi facciamo al nostro destino. Un tradimento interno. Uno sgambetto che accade a molti di noi e ci porta a vivere estranei a noi stessi, frantumati e devitalizzati. Su questo tema del destino interno e dei suoi tradimenti, intesi come mancata realizzazione del progetto privato con cui nasciamo, ovvero il semino esistenziale da far sbocciare, si è tenuto l’incontro con la dott.ssa Giovanna Breccia, sul suo ultimo libro Il Destino, edito da Editrice Italia Semplice. L’evento, raccolto ed intenso, di sabato 4 marzo è stato moderato dalla giornalista Alessia Latini del quotidiano PaeseRoma ed ospitato presso il MICRO Arti Visive di Roma.
Giovanna Breccia è una psicologa e psicoterapeuta romana, molto impegnata nella sua attività clinica di terapeuta, oltre che attività didattico-formativa che la vede fondatrice di un indirizzo di psicoterapia denominato “Psicoterapia analitica integrale”. Il suo ruolo professionale non poteva essere nascosto al romanzo, che risulta così arricchito di una intensa analisi introspettiva dell’animo della Lei protagonista, ma la prosa ricca con cui sonda il percorso umano è anche fitta di richiami classici e filosofici, che affiorano dagli studi giovanili della dott.ssa Breccia e che sono una costante, non solo del suo scrivere, ma del suo essere e relazionarsi ad ogni livello del quotidiano.
Il Destino di Giovanna Breccia non è, quindi, il destino esterno, quello che molti immaginano come un burattinaio che, tra fortuna e sfortuna, muove le nostre fila, ma un destino interno ed è qualcosa che ci riporta al nostro essere naturale, non dissimile da una pianta o una quercia che, indipendentemente dalla avversità, resta se stessa, mai tradendosi nemmeno in seicento anni. Non a caso, la Natura, con i suoi ritmi senza orologio, con il suo andamento ostinato – se vogliamo- nei suoi bisogni interni, riveste  nel romanzo un ruolo importante e motivo di riflessione.
Durante la presentazione l’autrice ha sottolineato come l’essere umano nasca con una sua traccia progettuale intima, che dovrebbe cercare di ampliare e marcare per lasciarla al mondo. Ma accade che la cultura, i condizionamenti, le difficoltà, i fallimenti, le attese altrui, il bisogno di simbiosi, lo portino spesso a snaturarsi da se stesso e diventare altro. In genere a diventare soltanto un Tu. Un Tu identificato rispetto a parenti, amici, figli, colleghi, e per questo mai uguale: un Tu sparpagliato, centrifugato dagli altri. Il romanzo di Giovanna Breccia è la storia di una donna di oggi e del suo tentativo di passare, attraverso un percorso anche di solitudine, dai tanti Tu ad un solo Io, quello ostacolato a cui si è impedito, da quasi-infedeli, il naturale accadere.
Il libro si apre con una citazione, tratta dal romanzo Il Deserto di J.M. Coetzee Non mi interessa diventare una di quelle persone che si guardano allo specchio senza vedere niente o camminano sotto il sole senza fare ombra: dipende solo da me.” Giovanna Breccia ci augura di imparare a lasciare al mondo la nostra ombra, il segno di noi stessi, riparando ai tradimenti interni. Ma per fare ombra, e quindi esserci, dobbiamo essere riusciti a far entrare la luce da qualche angolazione, quella da cui filtrerebbe naturalmente se non venisse offuscata.
di Daniela Rossi

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