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Computer che si emozionano


Intelligenza_Artificiale
David, il robot protagonista del film di Spielber "AI-Intelligenza Artificiale" era in grado di provare emozioni

Di Francesca Lippi

Viaggia in un mondo in cui i robot hanno sogni e desideri”. E’ uno degli spot promozionali di fantasia tratti dal film di Steven Spielberg “AI – Intelligenza Artificiale”. La pellicola, datata 2001 ed eredità di un progetto di Stanley Kubrick, è ambientata in un ipotetico 2125, anno in cui la Cybertronics riesce a realizzare macchine in grado di provare sentimenti. Forse però non sarà necessario attendere oltre cento anni per vedere realizzato qualcosa del genere. Quanto meno pare che ci siano già delle basi interessanti. La lieta novella ce la da l’Università di Cambridge, dove un gruppo di ricercatori sta cercando di capire se i computer possono essere in grado di capire, esprimere emozioni e emozioni, dimostrando come queste possano essere utilizzate per migliorare l’interazione tra esseri umani e computer.

Fantasia? No, empatia

Il professor Peter Robinson è a capo di un team all’interno del Laboratorio di Informatica presso Cambridge che sta da tempo analizzando il ruolo delle emozioni nell’interazione uomo-macchina. Il team di ricerca sta collaborando strettamente con l’équipe del professor Simon Baron-Cohen del Centro di ricerca sull’autismo dell’Università per comprendere al meglio le difficoltà incontrate da alcune persone nella comprensione emozioni altrui e per applicare modelli analoghi ai computer. La squadra deve combinare quindi i risultati di molte discipline, spiega Robinson che dice che il team ha la necessità “di capire la psicologia, l’elaborazione dei segnali, le statistiche di apprendimento della macchina, nonché i sistemi ingegneristici per affrontare questi problemi”.  Il gruppo di ricerca così ha tentato di costruire ‘emotivamente’ alcuni computer che siano intelligenti, “cioè in grado di ‘leggere’ la mente delle persone e sapere come queste si sentano”. E questo perché, prosegue lo scienziato, i computer al momento “sono solo in grado di capire che cosa stia scrivendo o dicendo un individuo: questo però non basta poiché, oltre a recepire ciò che una persona dice, le macchine devono comprendere anche come lo dice”.

peter robinson
Peter Robinson è a capo di un team di ricerca nel tentativo di far provare emozioni ai computer

Mimica, gesti e posture

Lo studio parte dall’idea che, quando le persone parlano fra di loro, esprimono i loro sentimenti e le loro sensazioni attraverso la mimica facciale, il tono della voce e la postura del proprio corpo. Si tratta di segnali nascosti che rappresentano però una parte importantissima della comunicazione umana e che al momento sono sconosciuti ai computer. Le espressioni del viso, per esempio, sono un ottimo mezzo ai fini della comprensione dei sentimenti umani. Ed ecco che, con l’utilizzo di un s­istema che analizzi le funzioni del volto, il computer diventa in grado di calcolare i gesti di un individuo deducendone le sue emozioni. In questo modo si può ottenere una risposta corretta per oltre il 70%: questa può essere sufficientemente valida, come lo è per la maggior parte degli osservatori umani. Con ulteriori sistemi, invece, è possibile analizzare l’intonazione vocale inferendo le emozioni dal modo in cui si dice qualcosa, o ancora è possibile studiare la postura del corpo o la tipologia dei gesti.

La semplice comprensione delle emozioni, però, non è sufficiente. Robinson infatti vuole che i computer arrivino anche ad esprimere le emozioni, sia che si tratti di modelli di persone in grafica 3D, sia che siano robot fisici. A tal fine Tadas Baltrusaitis si occupa proprio di animare figure digitali che imitino una persona e la sua mimica facciale, mentre Laurel Riek sta sperimentando una testa robotica sul modello di Charles Babbage. La testa meccanica “ha due motori e una dozzina di ‘muscoli’ per il controllo del volto, che gli danno la possibilità di avere una vasta gamma di espressioni”, dice Robinson. “Potremmo utilizzare questo robot per esplorare l’empatia, i meccanismi di costruzione dei rapporti interpersonale e la cooperazione emozionale per quanto riguarda l’interazione uomo-macchina. La chiave per la ricerca scientifica è quello di evitare preconcetti e di aspettarsi sorprese”.

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