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Il ruolo del mediatore nel DDL Pillon: intervista a Lucia Distante

di Mario Masi

Il testo del Ddl PillonNorme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” propone delle importanti novità rispetto alle precedente legge n. 54 del 2006. Una di queste è l’introduzione dell’obbligo di mediazione nel caso in cui i genitori del minore non trovino un accordo per evitare di finire a discuterne in tribunale. La figura e il ruolo del mediatore sono ben specificati nei primi quattro articoli della proposta di riforma.

Di questa importante novità ne parliamo con Lucia Distante, Avvocato e Mediatore Familiare. Specializzata in diritto di famiglia, coordinatore genitoriale e Mediatore Civile e Commerciale.

Chi è e qual è il compito del mediatore familiare?
Il mediatore familiare è un professionista esperto nella gestione dei conflitti in ambito familiare ed ha una formazione di base nei settori: giuridico, psicologico o sociale. La sua è una figura terza, neutrale, equidistante, empatica e non giudicante, che supporta la coppia di genitori che si stanno separando e li aiuta a raggiungere degli accordi in autonomia rispetto all’ambito giudiziario. Il suo compito fondamentale è quello di permettere alla coppia in separazione di riaprire i canali di comunicazione interrotti dal conflitto. La mediazione è un percorso di breve durata che si colloca in un momento molto delicato, nel quale le persone sono confuse e disorientate. Gli ex coniugi si trovano di fronte ad uno stravolgimento emotivo e pratico e si vedono costretti a dover proseguire per la propria strada come singoli individui (non più come coppia) ma con la responsabilità, e alcune, volte il “peso” di continuare ad essere dei genitori “sufficientemente” buoni. L’obiettivo fondamentale della mediazione familiare è quello di restituire alla coppia la propria responsabilità decisionale e genitoriale in uno spirito di corresponsabilità ed uguaglianza dei ruoli, in uno spazio protetto nel quale si potranno dire “quelle cose” che è difficile dirsi quando il conflitto è dirompente e accecante e impedisce alla coppia di genitori di vedere quali sono le soluzioni migliori per sé e per i propri figli.
Il ddl 735 proposto dal senatore Pillon prevede un ruolo importante del mediatore al fine di evitare lunghi contenziosi nelle separazioni, cosa ne pensa?
Penso che il ddl Pillon rappresenti una nuova e importante opportunità per le moltissime famiglie che si trovano ad affrontare la crisi separativa, in particolare con l’introduzione della figura del mediatore familiare.
Obiettivo del disegno di legge 735 è tutelare i figli di genitori separati garantendo loro il diritto di continuare ad aver l’affetto e la presenza effettiva di entrambi i genitori.
Il ruolo del mediatore sarà importante perché permetterà agli ex coniugi di affrontarsi/confrontarsi in un contesto riservato ed accogliente, quale quello mediativo, nel quale il conflitto non sarà alimentato ma depotenziato e perderà quella carica negativa e distruttiva che spesso si alimenta all’interno del iter giudiziario. Nella stanza di mediazione, il mediatore familiare potrà accompagnare le parti ed aiutarle a trovare, in tempi brevi, degli accordi di separazione che siano durevoli e mutualmente accettabili. Con il percorso di mediazione si offre ai figli la possibilità di vivere in un contesto familiare più sereno e di poter contare su dei genitori che, seppur separati o divorziati, siano un punto di riferimento e possano continuare ad occuparsi responsabilmente di loro.
C’e un pericolo di sovrapposione fra il ruolo dell’avvocato e quello del mediatore?
Ritengo di no in quanto i ruoli, le competenze ed il modus operandi dell’avvocato e del mediatore familiare sono differenti.
L’avvocato tutela i diritti del proprio cliente e lo rappresenta come parte processuale, inoltre gli fornisce dei pareri e consigli in ragione della propria competenza professionale. Il legale tutela i diritti del suo assistito e si sostituisce ad esso affinchè veda riconosciute le proprie istanze. L’avvocato opera su di un piano esclusivamente di natura giuridica. Al termine dell’iter giudiziario, il provvedimento di separazione emesso dal giudice sarà vincolante per le parti.
Il mediatore familiare non è l’avvocato dell’una o dell’altra parte, guida in modo imparziale la procedura mediativa, gestisce il conflitto nel rispetto di regole definite e non può dare pareri legali o fare diagnosi.  Il mediatore familiare si prende cura sia degli aspetti relazionali che degli aspetti economici delle persone che si rivolgono a lui e che hanno la possibilità di esprimere i propri bisogni pratici ed emotivi.
Il mediatore familiare è “equivicino” ai coniugi che si stanno separando e li affianca, senza interferire, affinchè possano elaborare in prima persona gli accordi che meglio rispondano ai bisogni di tutta famiglia e in particolare dei figli.
Gli accordi raggiunti congiuntamente non saranno giuridicamente vincolanti per la coppia che li ha sottoscritti. I coniugi potranno decidere se sottoporli all’ attenzione di un avvocato che presenterà un ricorso all’Autorità giudiziaria per ottenere l’omologa o darvi attuazione in modo autonomo. L’avvocato e il mediatore, come analizzato hanno modalità operative differenti, sono indipendenti ed autonomi ma sarebbe auspicabile una collaborazione in un’ottica multidisciplinare, in quanto sono ambiti d’azione nei quali operano sono complementari.
Ci può raccontare in breve, dalla sua esperienza personale, una storia significativa del ruolo del mediatore familiare?
Certo! Qualche tempo fa venne da me una coppia, non erano sposati, ma avevano un bellissimo bambino di tre anni. Laura e Giorgio (nomi di fantasia) si erano già rivolti ai rispettivi legali perché in disaccordo sull’assegno di mantenimento per il loro figlio. Uno degli avvocati mi aveva contattata, esortato dal magistrato che aveva consigliato un percorso di mediazione familiare.
La coppia arrivò a studio da me disincantata, convinti di affrontare una mera formalità e dichiarandomi da subito che non avevano nulla da dirsi. Ciò che mi colpì molto era il loro modo di interagire, anzi meglio di non comunicare. Parlavano solo a me e non si guardavano mai negli occhi. Si evitavano. Da subito mi resi conto che dietro l’interesse economico esplicitato si nascondevano dei bisogni diversi. Continuarono a venire a tutti gli appuntamenti. Inizialmente si insultarono (almeno comunicavano!), poi iniziarono a parlare e a dirsi cosa non aveva funzionato nella loro relazione e tutto il male che si erano fatti. Negli incontri successivi si sono capiti, perdonati ed accettati. Laura e Giorgio avevano trovato nella stanza di mediazione un luogo sicuro dove poter gridare il loro dolore per poter poi andare avanti liberi dai fardelli della rabbia e del dolore. Ritrovata la fiducia, accordarsi sull’assegno di mantenimento per il figlio è stata una scelta semplice e condivisa. All’ultimo incontro, dopo avere firmato l’accordo, ci siamo salutati. Laura e Giorgio sono andati via insieme. I loro volti erano completamente cambiati dalla prima volta che li avevo incontrati, erano più distesi e parlavano serenamente. Mi hanno salutata e con un sorriso (di sollievo) mi hanno detto che quel sorriso ritrovato avrebbe accompagnato la crescita del loro figlio, prima conteso.
*Avvocato e Mediatore familiare

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