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Vincenzo Agnetti, un viaggio nel tessuto della urbe meneghina

di Lara Ferrara
Uno spazio digitale che racconta la città di Milano attraverso gli occhi di coloro che la vivono o ne hanno fatto parte, Storiemilanesi.org. un progetto aperto nel 2014 della Fondazione Adolfo Pini, curato da Rosanna Pavoni, con il contributo del Comune di Milano e Fondazione Cariplo,testi di Gianni Biondillo, un viaggio nel tessuto urbano della city accompagnati da sedici personalità dal tracciato indelebile. Un immersione nelle loro vite, nei loro studi, nelle loro abitazioni e atelier.
Professionisti e architetti, collezionisti e intellettuali che hanno costruito parte della storia e della cultura milanese, non solo contemporanea, come Achille Castiglioni, Ernesto Treccani e Alessandro Manzoni.L’unicità di questo percorso virtuale ma reale, che ci permette di scoprire e conoscere luoghi non comuni e di importanza straordinaria, un nuovo modo di percepire la città.
Quest’anno è entrata a far parte del programma una nuova figura, Vincenzo Agnetti,un artista poliedrico che iniziò la sua carriera come poeta e attore di teatro per sfociare, solo successivamente, nel mondo dell’arte. La sua un’arte concettuale che, tra critica e filosofica, sperimentava sempre nuovi materiali, dalla bachelite ai feltri, dalla carta alla tela, dalle rappresentazioni fotografiche alle sculture, ai video e alla performance. che per tutta la vita ha ricercato, immaginato, costruito punti d’incrocio tra discipline diverse che appartengono a un universo mentale che non si lascia imprigionare da limiti.
Il suo campo di ricerca ha spaziato tra pittura, scultura, critica, epistemologia, tecnologia, letteratura, con un afflato politico e poetico che ne ha determinato il percorso. Per darvi uno spunto di riflessione sulle sue opere, vi consiglio di partire da alcuni momenti topici della sua carriera: 1968 Macchina drogata, 1973 In allegato con un audiotape di 30 minuti e 1978 Riserva di caccia.
Quindi iniziamo il percorso dal suo studio/tempio in via Machiavelli 30, vicino Corso Sempione e dall’Arco della Pace, dove adesso ha sede l’Archivio Agnetti, fondato dalla figlia Germana e dal nipote Guido Barbato, fino alla mostra attualmente in esposizione al suo Archivio che si genera da un’intervista fatta ad Agnetti dal Corriere della Sera, in cui spiegava i suoi pensieri, i suoi concetti riferiti a Spazio, Territorio, Memoria e Cultura, che vengono “messi in opera”.

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