di Lara Ferrara
La prima grande mostra personale di Mike Nelson in una istituzione italiana trasforma in un “luogo altro” OGR – Torino grazie a un’installazione su larga scala che va a occupare l’intera navata del Binario 1 con un poderoso intervento.
Mike Nelson. Artista britannico candidato due volte al Turner Prize e chiamato a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 2011, espone il suo ultimo progetto L’Atteso, a cura di Samuele Piazza e ospitato negli spazi del primo binario delle OGR – Officine Grandi Riparazioni, fino all’3 febbraio 2019.
Nelson sul suo cammino appare flebile in un’opera composta da una teca in plexiglass contenente un sacco a pelo e trasformata grazie a una fessura in una scatola per donazioni; un omaggio all’amico scomparso Erlend Williamson, artista e scalatore. Questo segno collocato nel foyer è l’anticamera straniante che anticipa un’installazione ambientale in larga scala che innesta un corto circuito nel paesaggio avvalendosi della trasformazione dello spazio preesistente in un luogo dell’assenza. Al di là della parete vetrata troviamo un’enorme struttura in legno che rievoca lo schermo di un drive-in, varco fisico e temporale del disfacimento dell’ex cubatura industriale: 180 tonnellate di detriti disseminati in superficie, 14 auto e 6 moto, uno scenario stravolto in cui il fruitore viene invitato a inoltrarsi senza indicazioni ma sviluppando una serie d’interrogativi sulla rovinosa parabola del tempo presente.
Primo tassello del percorso di visita è una piccola scultura, Untitled (intimate sculpture for a public space) (2013) che accoglie il visitatore nel foyer. La scultura, con la sua presenza intima e discreta, si contrappone al nuovo lavoro visibile attraverso la vetrata d’accesso.
Oltrepassata la soglia, ci si trova all’interno di un ambiente buio dove, tra una distesa di macerie pressate, stazionano una ventina di automobili parcheggiate, coperte di polvere, in stato di abbandono. Non è chiaro perché le macchine siano in questo stato, ma diversi oggetti che raccontano le memorie dei loro possessori reali o immaginari sono ancora distribuiti tra i sedili e portano traccia del passato del luogo.
Ispirato a un aforisma di H.P. Lovecraft tratto da La Strada del 1920, L’Atteso è una distesa terrosa di macerie che ha in serbo la potenza espressiva e la vertigine di una realtà fantastica, di un “altrove” che trasmette l’affievolirsi della sua energia generatrice rievocando gli scenari fantascientifici descritti da Lovecraft. Nelson prende da H.P. Lovecraft la scrittura sublime e ne fa una trasposizione spaziale, quell’attraversamento di un sogno o forse un incubo che è il riflesso letterario capace di coniugare lo spirito tardo romantico al delirio del progresso e della modernità.
Il visitatore è invitato a inserirsi nei vuoti offerti e a trovare il suo percorso personale, dopo aver esplorato liberamente gli elementi presenti nell’installazione, e i tanti vicoli ciechi aperti, andando a costruire una narrazione individuale che lo porti a una propria comprensione del luogo.
L’Atteso unisce e stratifica fonti di ispirazione diverse in un continuo gioco di rimandi in cui diverse suggestioni si ampliano e contraddicono a vicenda. Un passato recente e una dimensione quasi archeologica, o l’immagine di un prossimo futuro, si uniscono materializzando un presente distopico.