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Malati d'amore

di Vanessa Mannino

Ci sono vari modi per spiegare che cosa è l’amore. Per la fenomenologia, l’amore rappresenta la forma più alta dell’originaria e costituitiva apertura all’uomo. L’amante e l’amato, sono la realizzazione concreta di un “Io” che ha senso e valore solo in quanto si dirige sempre e comunque ad un “tu” e ad un “noi”. Altri, lo definiscono sempicemente come un rapporto fra due persone basato sullo scambio emotivo. Francesco Alberoni, giornalista e scrittore, ha più volte affrontato tale tematica in molti dei suoi scritti, definendo l’amore come uno stato fliudo e creativo, in cui le due persone coinvolte si riconoscono reciprocamente e tendono alla fusione, o più semplicemente tendono alla nascita di una nuova collettività e di un nuovo “me stesso”. Tuttavia, talvolta questo sentimento umano può assumere dei connotati negativi, determinati dalla trasformazione del rapporto affettivo in una vera e propria ossessione.  La prima a parlarne concretamente, negli anni Settanta, è la scrittrice Robin Norwood nel suo libro “Donne che amano troppo”. La dipendenza affettiva, può essere considerata un vero e proprio disagio psicologico in cui il desiderio fusionale con l’altro perdura nel tempo tanto che si tende a “fondersi nell’altro”. Tale disagio si può istaurare all’interno di uno dei due partners o, più difficilmente, in entrambi.

L’amore diventa una vera e propria droga da cui si trae dipendenza, il proprio “io” erroneamente viene messo da parte, per lasciar spazio alle richieste, alle esigenze o ai desideri dell’altro, nei confronti del quale ci si annulla completamente. Si resta chiusi all’interno del proprio rapporto, a cui si è totalmente devoti, un rapporto che tende ad un totale autoassorbimento dell’individuo il quale si chiude alle esperienze esterne e alla vita sociale per paura che, in qualche modo, queste possano ripercuotersi negativamente sulla propria relazione d’amore. Giddens, definisce la dipendenza affettiva, come una vera e propria “love addition”, la quale si compone di tre caratteristiche principali: il piacere connesso all’amore come droga, la tolleranza, per mezzo della quale aumenta la dose di tempo da tascorrere in compagnia del proprio partner, e infine l’incapacità di controllare il proprio comportamento ossessivo nei confronti dell’altra persona.

Quando la persona amata viene ad essere assente, il partner dipendente tende a cadere in uno stato d’ansia e di disperazione, che può essere colmato solo attraverso la presenza della persona amata. A tal proposito, la love addition crea gravi ripercussioni psichiche nell’individuo, ma soprattutto tale disagio tende a sfociare in un’inevitabile rottura del rapporto da parte dell’altro che il più delle volte si sente ” braccato, stretto, oppresso.” I dipendenti affettivi sono per la maggior parte donne che tendono inconsciamente,in tal modo,a colmare i vuoti affettivi subiti durante l’infanzia. Il partner viene racchiuso nell’aurea del salvatore, lui diventa l’unico scopo dell’intera esistenza, da lui si ha paura di essere abbandonate. Per questo si mettono da parte i propri bisogni e i propri desideri. Spesso chi è dipendente affettivamente tende a scegliersi un compagno che ha a sua volta altre dipendenze (droga, alcool), così in questo modo, si legittima il proprio comportamento, perchè l’altro ha bisogno d’aiuto, istaurando così una codipendenza, dove in realtà l’aiuto malato rafforza la dipendenza che l’altro ha.

Fenichel, psicoanalista degli anni ’40, ha messo in evidenza come chi dipende dall’amore necessita di essere amato, nonostante abbia scarse capacità d’amare. Si può diventare dipendenti dall’oggetto amore, anche successivamente ad un rifiuto, e ciò aumenta maggiormente lo stato di frustrazione e di inadeguatezza di cui soffre l’amor dipendente. E’ necessario riconoscere immediatamente il problema, per poi ricorrere ad un sostegno psicologico il più delle volte finalizzato ad una terapia di gruppo con persone che condividano la love-addition. E’ solo con il confronto che i malati d’amore si possono rendere conto della realtà distorta in cui si sono immersi.

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