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Reazione arcobaleno

di Lidia Monda
Il filtro arcobaleno diffuso sui social network a sostegno del matrimonio gay, ha avuto l’indubbio merito di sollevare un polverone mediatico intorno all’argomento. A prescindere da ciò che ne faranno i pezzi grossi di Facebook di tutti questi dati, il dato più significativo sembra essere comunque quello di aver attirato l’attenzione degli utenti sulla questione Lgtb, portandoli a prendere una posizione anche nel mondo reale.
Si disvelano così malumori e reattività da entrambe le parti, in un contesto di crescente intransigenza, che potremmo addirittura definire “Apartheid di gender“.
E se il termine sembra un po’ forte, il consiglio è di sospendere il giudizio e leggere fino in fondo, per avere un assaggio dell’assurdità delle reazioni -dal particolare del filtro arcobaleno all’universale del riconoscimento dei  diritti ai gay- che hanno legato l’Italia al resto del mondo.
La prima e più vicina a noi è quella di un paese salentino, dove il parroco, irritato più che irretito dalla proliferazione arcobalenica, ha vietato tassativamente di fare il padrino o madrina a chiunque avesse colorato il suo profilo, senza sapere “nemmeno cosa sono le ideologie gender” proclamando il tutto a gran voce sul suo profilo social. Potenza della rete, l’anatema virtuale parrebbe addirittura una fatwa, se non fosse che il parroco è cattolico, e dunque tocca adeguarsi.
Segue a ruota l’applicazione tutta americana di un tool “contro-arcobalenico”. Diciamo la verità: agli americani non sembrava vero di aver fatto, chissà come, un enorme passo in avanti in tema di diritti civili. Si sentivano inadeguati nella nuova veste di promulgatori di giustizia sostanziale, loro, che la giustizia ancora la dispensano sulla sedia elettrica, e che tengono la pistola nel cassetto tra il telefonino e il vibratore, con esiti talvolta infausti e talvolta imbarazzanti. Dunque ecco cercare di recuperare disperatamente terreno con la creazione di una nuova applicazione, American flag, in cui un tripudio di nazionalismo ci chiarisce chi sono “i veri” americani, quelli etero, i veri duri, alla Rock Hudson, per capirci, ecco sì, proprio come lui.

ph by leggo.it
ph by leggo.it

Del resto ha fatto il giro del mondo la storia di una signora di Baltimora (fonte italiana: Leggo), Julie Baker di 47 anni, che aveva decorato il suo giardino con lanterne colorate e a cui pervenuta una lettera anonima che le chiedeva ‘di abbassare i toni’ e di vivere nel rispetto dei bambini e di Dio. È noto, infatti, che entrambe le categorie -divinità e bambini- vivono in un mondo rigorosamente in bianco e nero, ma nonostante ciò la signora, che non aveva minimamente pensato a supportare la causa Lgbt, ha agito di ripicca aprendo una sottoscrizione per rendere il suo giardino “irrimediabilmente gay”.
Ancora dal mondo anglosassone i promessi sposi che decidono di revocare l’incarico al fotografo per via del profilo arcobalenato che strideva con la loro fede indiscussa nel matrimonio etero. Certo gli sarà andato di traverso non avere più la caparra, ancor peggio apprendere che la stessa è andata in favore di una società che supporta la causa gay. Ecco, potremmo rassicurarli: è quel qualcosa di blu (con qualche altro colore), che mancava al loro matrimonio.
 ph by imgur www.mirror.co.uk
ph by imgur www.mirror.co.uk

È stato però in Turchia che hanno battuto tutti i primati di omofobia, anche se la cosa, per la verità, ha provocato un certo imbarazzo.
Durante il gay pride di qualche giorno fa, la polizia ha disperso la folla con idranti e proiettili di gomma.
Per ironia della sorte l’acqua sparata sui manifestanti ha dipinto in aria uno splendido arcobaleno.
Surreale contrappasso, ma forse lassù qualcuno li ama.

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