“Crisalidi e cristallizzazioni”, perché questo titolo?
Questa silloge è stata ultimata e pubblicata dopo la pandemia, a seguito di quell’esperienza così estrema di immobilismo e isolamento che ha cristallizzato le nostre vite per poi restituircele in una forma nuova, una sorta di rinascita. Il titolo, in generale, vuole dare il senso di un percorso evolutivo, di cui la crisalide è il simbolo. Nell’epigrafe che ho scritto c’è già il significato di questo lavoro e di quello che rappresenta per me: “Alle metamorfosi necessarie per la sopravvivenza, alla fatica della rinascita, alle ricomposizioni che sanno di miracolo, alle seconde possibilità della vita, dell’amore”.
“Passi curiosi/sulle scale impazienti del languore/conducono ad un segreto/da bisbigliare in due./È l’infinito./Il nostro unico limite./Si passa da una porta timida e stretta/per toccare l’assoluto”. Quanto è importante essere connessi emotivamente?
Da questi miei versi, come ha detto bene Luigia Sorrentino in una intervista realizzata per Rai Poesia, emerge uno dei temi centrali della mia poetica: la ricerca del “noi”, in particolare nella relazione amorosa, ovvero il tentativo di entrare in connessione profonda con l’altro, di riuscire a essere un tutt’uno, pur restando due individui capaci di mantenere la propria identità e alterità, in un rapporto biunivoco, reciproco e paritario. Questa credo sia una condizione fondamentale per poter raggiungere quella pienezza a cui si riferisce la poesia, quel senso di assoluto in due, insieme.
Invero, è una condizione non così facile da realizzare, è come se non si riuscisse mai a incastrarsi perfettamente con l’altro, a sentirsi completi, è un desiderio che resta quasi sempre, almeno in parte, inappagato; ma è anche per questo che non bisogna smettere di ricercarlo, quel “noi”.
“Come mi sento?/Seduta davanti al mare./E accanto a me una sedia vuota”. Cosa fa più paura, il vuoto emotivo o quello fisico?
In questi versi le due dimensioni di vuoto, inteso sia come sensazione di mancanza sia come assenza fisica, coincidono e coesistono, e si sostanziano in questa immagine di solitudine sconfinata, di immobilismo, di fronte alla vastità e all’incessante movimento del mare. È la fotografia di una condizione esistenziale legata alla contingenza di una perdita, di un lutto – dentro e fuori di metafora – ma che può anche cronicizzarsi come una condizione dell’anima.
Tutta l’arte, non solo la poesia, credo abbia origine dal vuoto, dai buchi neri del proprio percorso di vita; è un tentativo di dare forma e sostanza al vuoto per trasformarlo in materia preziosa, luce.
In un’altra mia poesia c’è, invece, un verso che recita così: “Anche quando sono solitudine,/ sono una solitudine piena”.
Questa immagine appartiene di più alla mia dimensione intima. Il momento creativo, la scrittura, hanno bisogno per definizione di raccoglimento, silenzio, riflessione; ma, anche nei miei momenti più solitari, la mia è una solitudine piuttosto “affollata”, abitata da immagini, ricordi, sguardi, voci, presenze assenti o assenze presenti.
Che gradimento ha la poesia nel nostro Paese? Cosa bisognerebbe fare per diffonderne la bellezza?
Oggi fare poesia è un atto più che mai rivoluzionario, quasi eroico: mettere a nudo le emozioni, l’intimità più profonda, in un tempo in cui prevale la nudità delle forme – senza alcun giudizio moralistico –, in cui siamo tutti perennemente connessi ma, al tempo stesso, isolati nella nostra bolla virtuale, senza riuscire più a comunicare veramente. Senza addentrarci in analisi e considerazioni sulle logiche di mercato e sull’industria culturale che penalizzano la poesia, anche in questo caso ritengo si debba ripartire dalla scuola per ripensare il rapporto con la poesia.
Nonostante si continui a studiare i testi poetici, la maggior parte dei giovani non riesce ad appassionarsi più di tanto a questo genere tra i banchi di scuola e neanche dopo aver terminato gli studi. Servirebbe un cambio di paradigma e di approccio da parte degli insegnanti ma, più in generale, del sistema scolastico, perché si possa avvicinare gli studenti alla poesia e coinvolgerli più attivamente, non limitandosi alla fruizione passiva e meramente nozionistica. La scuola può essere determinante nel creare un terreno fertile per fare crescere lettori appassionati e curiosi.
Non sono certa che la poesia – come la bellezza – salverà il mondo, ma di sicuro può salvare una singola vita, un destino, e può rendere il mondo un posto quantomeno migliore.
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