di Valentino Salvatore
Il giovane giornalista Micheal Hastings fa ancora parlare di sé, con un altro dei suoi articoli destinati a scuotere il mondo militare statunitense. Che già non nuota in buone acque, considerati i fronti ancora aperti in Afghanistan e la situazione tuttora calda in Iraq. Senza dimenticare lo stravolgimento della situazione nordafricana, che rischia di creare nuovi grattacapi. Hastings, rampante inviato del Newsweek in Iraq appena venticinquenne, perse tragicamente la fidanzata e ci scrisse un libro, dal titolo Ho perso il mio amore a Baghdad. Lei, la collega Andi Parhamovich, aveva deciso di raggiungerlo nel paese mediorientale, ma era caduta vittima di un attentato proprio nella capitale irachena. Diversi mesi fa su Rolling Stone lo stesso giornalista pubblicò un’intervista al generale statunitense Stanley McChrystal, che costrinse quest’ultimo alle dimissioni. Hastings infatti riuscì a placcarlo nei giorni in cui gli aeroporti europei erano bloccati a causa dell’innominabile vulcano islandese, ottenendo dichiarazioni imbarazzanti dallo stesso e dal suo staff. McChrystal, allora comandante in campo delle truppe Usa in Afghanistan, si lasciò sfuggire commenti sprezzanti su diversi funzionari dell’amministrazione del presidente Obama. Al suo posto, venne messo David Petraeus. Il pezzo, intitolato The Runaway General e uscito nel giugno dell’anno scorso, tra l’altro ha fatto recentemente aggiudicare a Rolling Stone uno dei premi giornalistici più ambiti, il George Polk Award.
Ora Michael Hastings prova a rilanciare. Nel mirino sempre l’esercito statunitense che, secondo quanto rivelato dal giornalista, aveva intenzione di attuare operazioni illegali di vera e propria “guerra psicologica”. I bersagli di questi “attacchi” erano politici, esperti, funzionari e analisti americani che giungevano in Afghanistan per vedere da vicino la situazione del fronte di guerra. In particolare senatori e personaggi influenti hanno rischiato di subire condizionamenti e manipolazioni, per dare il proprio sostegno all’invasione o quantomeno aumentare i finanziamenti alla missione in Afghanistan. Durante le visite a Camp Eggers, piazzaforte delle truppe Usa nei pressi di Kabul, gli interessati sarebbero stati oggetto delle attenzioni di un reparto specializzato dell’esercito americano. Quasi si trattasse di una riedizione de I persuasori occulti di Vince Packard, solo che stavolta i bersagli non erano ignari consumatori spinti a comprare un prodotto. Una notizia succulenta, che farà di sicuro gongolare i complottisti di mezzo mondo. Secondo il resoconto di Hastings, un ufficiale si sarebbe opposto a questi ordini perché in contrasto con la legge federale. Per questo avrebbe subito rappresaglie e un generalizzato ostracismo da parte dei commilitoni, come altri soldati contrari all’utilizzo di certe tecniche.
Ma c’è di più: addirittura l’ordine di persuadere in maniera non trasparente le persone scelte sarebbe partito proprio dal generale William Caldwell. Cioè dal responsabile all’addestramento dei soldati afghani. Poi il progetto sarebbe naufragato a causa di contrasti tra i membri del reparto che avrebbero dovuto compiere la missione. Hastings parla di documenti ufficiali cui sarebbe giunto in possesso, nonché di testimonianze dirette. Tra le vittime designate a subire il lavaggio del cervello per sostenere i soldati in lotta contro i talebani, persino l’ex candidato alla presidente John McCain, nel gruppo bipartisan di politici. Anche il capo di stato maggiore della difesa, l’ammiraglio Mike Mullen, era nella lista dei papabili da condizionare. Ma si parla anche di Al Gore e del senatore Joe Lieberman.
Tra le testimonianze raccolte da Hastings, quella del colonnello Michael Holmes, che è uno degli esperti di psy-ops per l’esercito Usa: così si chiamano in gergo le tecniche di condizionamento psichico. Holmes ha chiarito che si occupa di “lavorare nella testa delle persone”, per “indurre il nemico a comportarsi come desideriamo”. Evidentemente, ad alcuni ufficiali è balenata l’idea che i “nemici” in questo caso non fossero i talebani. Ma piuttosto alcuni leader d’opinione statunitensi che rischiavano di diventare più pericolosi dei mujaheddin, tagliando i fondi e dando una immagine non gradita in patria. Sopratutto alla luce del recente cambio di strategia di Obama, che punta ad un disimpegno graduale delle truppe dall’Afghanistan, dopo una missione che ormai dura da quasi 10 anni. Il colonnello, responsabile per l’unità di guerra psicologica, ha ricevuto infatti un richiamo ufficiale per non aver rispettato gli ordini. Lui si è difeso, chiarendo che “il regolamento proibisce di fare lo stesso con i nostri”. “Nel momento in cui mi viene chiesto di usare le mie competenze su senatori e parlamentari, si oltrepassano i limiti”, ha detto al giornalista. Giunto verso la fine del 2009 in Afghanistan per studiare gli effetti della propaganda Usa sugli afghani, Holmes dice di aver ricevuto da Caldwell stesso l’ordine di occuparsi degli statunitensi che arrivavano nel teatro di guerra. Alle resistenze del colonnello, il generale si sarebbe scaldato, esclamando: “Non è illegale, se ti dico che non è illegale!”. Da quel momento Holmes lamenta di aver subito provvedimenti disciplinari, con accuse a suo dire infondate e pretestuose (come il passare troppo tempo su FaceBook). Il generale accusato, dal canto suo, nega categoricamente di aver mai usato le Information Operation (che indicano le psy-ops) per influenzare i “visitatori eccellenti”. Ma anche questa, penseranno i più, potrebbe essere una sottile opera di persuasione occulta.